Damiano Russo, addio alla vita a 28 anni
Avati: sensibile. Bova: era ricco dentro

Damiano Russo in una immagine tratta dal suo profilo di Facebook
di Micaela Urbano
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Domenica 23 Ottobre 2011, 18:59 - Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 00:55
ROMA L’ho visto cinque giorni fa. Un ragazzo, era un ragazzo: Pupi Avati racconta l’ultimo incontro con Damiano Russo, l’attore che venerd scorso ha perso la vita in un incidente di moto lungo la via Prenestina. Una frazione di secondi, il casco che si sfila, lui che sbatte la testa come nella tragica scena di un film. Ventotto anni. Ventotto anni appassionati, curiosi, poco chiassosi. Ventotto anni.



«Era un attore dotato di quella sensibilità che riesce a stupire un regista disincantato come me, che la gioventù, l’ha abbandonata da tempo. L’ho diretto in Una sconfinata giovinezza ed era riuscito a convincere tutti, dagli attori ai macchinisti, agli operatori. Su quel set Damiano si conquistò una seconda famiglia», dice il grande regista che da sempre combatte la sua rivoluzione privata e pubblica attraverso i sentimenti. E ricorda: «All’inizio della scorsa settimana l’ho incontrato per un progetto, gli ho fatto un provino e ancora una volta mi ha sorpreso. Sapevo che suonava il pianoforte, ma non immaginavo in quel modo così lieve e allo stesso tempo profondo. Abbiamo girato la scena in presa diretta e la sua esecuzione è stata perfetta. Come era Damiano? Un ragazzo talentuoso, con una bella anima». Modesto: «Proprio in Una sconfinata giovinezza, abbiamo sbagliato a scrivere il suo nome, e storpiare il nome di un attore è come prenderlo a schiaffi. Lui però non solo non protestò, ma non ci disse una parola. Siamo noi che gli abbiamo chiesto scusa».



Si teneva tutto dentro, Damiano. Difficile che confidasse timori, problemi, entusiasmo. Come un pugliese che si rispetti. Ha 13 anni, Damiano, quando debutta sul grande schermo in Io non ho la testa, diretto da Michele Lanubile. Ne ha 16 quando ottiene il ruolo del protagonista in Tutto l’amore che c’è, scelto da Sergio Rubini, interpretazione che gli vale il Capitello d’Oro al Sannio Film Festival e la nomination al Globo d’oro come migliore attore esordiente. Il 2001 segna il suo debutto televisivo in Compagni di scuola, la serie di Raidue che lancia anche Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti. Quindi, sempre in tv, è nel cast de Il veterinario, accanto a Gigi Proietti e nella soap Un posto al sole, e ancora ne La notte breve, Medicina generale, I liceali, Ris, Distretto di Polizia.



Tra i set più recenti, quello di Come un delfino, film tv con Raoul Bova che, in Damiano aveva trovato «un amico. E’ incredibile doverne parlare al passato», dice l’attore di tanto cinema e buona tv. Racconta: «Non era un ragazzo estroverso, ma lasciava intuire quanto fosse ricco dentro, soprattutto aveva idee, scriveva... Venerdi, quando sono corso all’ospedale speravo ancora che non fosse vero. E invece l’ho visto. Il suo volto era intatto, nemmeno un graffio. I genitori, assecondando la sua richiesta, hanno donato i suoi organi. Almeno in parte Damiano vivrà nelle persone che ha voluto aiutare, hanno detto. Con quella dignità, quella compostezza che io ho conosciuto in lui».



«La sua determinazione mi aveva convinto a riscrivere il ruolo a sua immagine», racconta Stefano Reali che in Come un Delfino l’ha diretto. «Damiano era il brutto anatroccolo che diventa cigno. Rispetto agli altri del cast, tutti palestrati, muscolosi, non aveva il fisico ma aveva molto di più. Aveva la forza dello sguardo. Se avesse avuto tempo sarebbe diventato un nuovo Elio Germano».



Oggi al Teatro Valle, attori, registi, amici, hanno salutato per l’ultima volta Damiano Russo.
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