Teatro di Roma, allarme rosso del presidente:
«Nomine subito o qui si chiude»

Teatro di Roma, allarme rosso del presidente: «Nomine subito o qui si chiude»
di Rita Sala
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Lunedì 4 Novembre 2013, 14:43 - Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 23:53
Il presidente del Teatro di Roma, Franco Scaglia, vuota il sacco. Come altri responsabili delle istituzioni culturali capitoline fortemente preoccupato, «Sento parlare solo di bandi pubblici e di commissariamenti. Se si continua in questo modo ci sarà la paralisi delle istituzioni culturali romane. Non si tratta di trasparenza o meno. Si tratta piuttosto di interloquire seriamente con le persone che governano le istituzioni. Invece noi non riusciamo a parlare con nessuno. Lo Stabile versa in condizioni economiche pericolose, e non per deficienza dei propri bilanci, ma per i crediti che vanta nei confronti di Comune, Regione e Provincia. Non ci servono bandi pubblici o commissari, né proroghe delle cariche di mese in mese, bensì nomine che diano agli enti dei vertici, vecchi o nuovi - questo non sta a me dirlo - capaci di lavorare presto e bene».



Ha fatto presente la situazione al Sindaco, agli assessori alla Cultura, Barca e Ravera, al Governatore del Lazio, eccetera? «Ripeto: non si riesce a parlare con nessuno. Nel corso dell’ultima assemblea dei Soci, pochi giorni fa, Comune e Regione si sono astenuti sull’approvazione del bilancio preventivo. Ora però qualcosa deve accadere. Secondo lo statuto, dal 2 dicembre il Teatro è privo di Cda, di presidente e di direttore».

Quando assunse la presidenza dello Stabile, tre anni fa, trovò una situazione diversa? «Posso dire che allora lo Stabile disponeva di sei sale, l’Argentina, le due dell’India attualmente in restauro, le due del Tor Bella Monaca e quella del Quarticciolo. Non dimentichiamo il Valle, per il quale ci fu chiesto di stilare un programma in collaborazione con RomaEuropa e con il Teatro dell’Opera. Cosa che fu fatta, anche se invano. A proposito: l’unica situazione per la quale sarebbe necessario un bando (lo aspettiamo da oltre due anni) è proprio il Valle, tuttora e indisturbatamente occupato».

Lei ha scritto ai Soci una lettera in cui chiede tutte le nomine per il 2 dicembre. «Infatti. Non ragiono in base al totonomine (ribadisco: non è il mio compito). Chiedo i nuovi vertici. Un lavoro in questi anni è stato comunque fatto, dal direttore Lavia, da me, da tutti i dipendenti e collaboratori, e al di là dei giudizi, tutti legittimi, di chiunque, il Teatro di Roma merita di vivere e di avere la stessa attenzione, da parte della città e dei suoi amministratori, che ad esempio ha il Piccolo Teatro a Milano».

Disamore? «Diciamo indifferenza. Ci sono istituzioni che la città deve amare e sostenere anche criticandole aspramente. Milano non permette attentati o dequalificazioni né del Piccolo, né, tantomeno, della Scala. Qui a Roma - non parliamo per un momento di noi, parliamo dell’Opera, che da tre anni ha un’eccellenza come il maestro Muti e riscuote consensi internazionali - gli scudi levati non li vedo. Cosa vogliamo fare? Bandi pubblici, dico per assurdo, anche per il posto del maestro Muti? Vogliamo farci ridere dietro dal mondo intero?».

Quanto devono allo Stabile il Comune e la Regione? «Aspettiano dal Comune un residuo di 783mila euro per il 2013, Dalla Regione, 1 milione e 300mila euro del 2009, 1 milione e 175mila del 2011, 1 milione e 700mila del 2012, 1 milione e 700mila del 2013. Il Ministero ha decurtato - si tratta del taglio applicato a tutti - 59mila euro dal finanziamento di 1 milione e 589mila che ci eroga. La sostanza, vantando (cioè subendo) questi crediti, è che gli interessi passivi pagati alle Banche presso le quali scontiano le lettere di credito - abbiamo un’esposizione di 5 milioni di euro - ammontano ad oltre 150mila euro l’anno».

Fino a quando c’è qualcosa in cassa? «Con il milione e trecentomila euro che al momento abbiamo a disposizione possiamo pagare gli stipendi e le compagnie fino a dicembre. Poi, se non sopravvengono i fatti, si chiudono i giochi. Sarà la paralisi».

Pensa che a tutto questo sottenda un disegno, un progetto? «Quello che sta succedendo non lascia indovinare né l’uno, né l’altro. Non voglio credere all’intenzione di immobilizzare tutto e prendere tempo solo per non far fronte agli impegni economici».

Soluzioni? «Nomine oculate e tempestive, erogazione dei fondi che dobbiamo avere da anni, ingresso dei privati nel nuovo Cda».
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