Jesus Christ Superstar, al Sistina tornano i mitici Settanta. Il musical che tocca il cuore dei giovani

Ted Neeley
di Rita Sala
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Giovedì 17 Aprile 2014, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 14:49
Jesus Christ Superstar, il musical-capolavoro di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, debutta domani sera, venerd santo, al Sistina di Roma.



In scena, nel ruolo del Nazareno, il leggendario interprete dell’opera originale, prima in teatro, poi nel film di Norman Jewison del 1973: Ted Neeley.

La musica, le atmosfere, le figure della Passione anni Settanta ripropongono fortemente un decennio che è stato esplosivo in tutto il mondo, capace di cambiare orizzonti, ideologie, sogni. Di fatto i Settanta, sugli schermi e sulle scene, nelle immagini, sulla pagina scritta, persino in passerella, sono prepotentemente tornati in primo piano. Nostalgia? Esorcismo? Maieutico confronto? Probabilmente tutte e tre le cose, dato che i giovani rischiano oggi di sentirsi defraudati di situazioni che invece amerebbero vivere. Così i figli dei fiori, belli e ribelli, si riappropriano con facilità del primo piano e del loro mai sopito potere seduttivo.



ENERGIA CREATIVA

Anni duri, difficili, magari anche sbagliati, i Settanta, ma densi di energia creativa, di fiducia in un’altra umanità. Lo scrittore e filosofo Beppe Sebaste a suo tempo propose un modo molto seducente di leggerli: abbattere il cliché che li vuole un periodo scuro e nemico, dai connotati ingannevoli: «Al contrario, essi erano anni di carne». Poi c’è Herbert Marcuse. Il filosofo del desiderio ci ha lasciato in un filmato una testimonianza indimenticabile. Circondato da giovani d’ambo i sessi, concentrati e attratti dal maestro sotto le lunghe chiome, commenta il proprio pensiero, e il mondo, al tavolino di un bar. I piedi appoggiati su una sedia, una bibita in mano. Il pensatore berlinese torna ora alla mente, assieme a Jesus Christ, per quel suo fare democratico e accattivante, le riflessioni su Freud e sulla civiltà liberabile, le idee che sostennero i ragazzi di quarant'anni fa nutriti di Kerouac e Fromm, di rock, pace, libertà sessuale e marijuana.

Tutto è negli occhi di Ted Neeley, il Cristo californiano che ha in cuore il desiderio di incontrare Papa Francesco. Un rocker integrale, classe 1943, diritto, ascetico, biondo, sguardo che soggioga quando in scena affronta Gerusalemme in una selva sventolante di rami di palma.



WOODSTOCK

«In teatro ho abbracciato il personaggio - dice - al suo nascere, in un’epoca che invocava la pace, l'amore universale, la solidarietà e la rigenerazione. Raccolse le istanze degli hippies che avevano appena vissuto Woodstock. Non si è fermato lì. È diventato film, dandomi l’opportunità di vivere un’esperienza che mi ha cambiato la vita. Qualcuno mi chiede se la sento come una condanna. No certo. È invece una splendida opportunità, ancora gratificante sul piano emozionale, formativa per lo spirito e sempre illuminante. Un viaggio che a Roma, la città dove si fermò l'apostolo Pietro, vive una tappa particolare».

Ted testimonia che il musical, con la regia di Massimo Romeo Piparo, «tocca i cuori dei giovani, entra nel loro modo di pensare, nelle loro anime». «Figli e nipoti dei ragazzi dei Settanta vengono da me in camerino e mi raccontano storie di devozione, umiltà, rispetto. Estendono ad altri la passione e la popolazione dei fan di Jesus si allarga. Il messaggio resiste al tempo e ai cambi generazionali. Continua a valere in un mondo pieno di differenze, dove è facile criticare quello che non capiamo, rifiutare quello che risulta difficile. Un mondo che comunque resiste, in cui si continua a nascere in contesti diversi, a parlare lingue differenti, a credere in ideologie opposte».



GENERAZIONI

L’utopia pacifista è in lui vivissima: «Ho sperato nella pace per tutta la vita. Dovrei prendere atto del fatto che agli uomini la pace sembra non interessare. Invece continuo a sperare, a credere che un giorno ci si possa sedere tutti attorno a un falò per raccontarci le storie che ci accomunano, da dove veniamo, cosa abbiamo ereditato e come sia bello vivere, magari capendoci e accettandoci l'uno con l'altro, fratelli e sorelle quali siamo. Il cerchio della pace e dell'amore è un cerchio aperto».

Afferma, Ted, che i ragazzi di adesso non sono poi così diversi da quelli di 40 anni fa: «Sono tecnologicamente più avanzati, ma vedo in loro la stessa esuberanza, la stessa vitalità, lo stesso desiderio di gioire, vivere l'amicizia, conquistare speranza e felicità».
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