Vasco torna in tour: «Vivo per il palco, se mi fermo arriva la paura di non farcela più»

Vasco torna in tour: «Vivo per il palco, se mi fermo arriva la paura di non farcela più»
di Marco Molendini
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Venerdì 29 Maggio 2015, 06:29 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 23:10
CASTELLANETA - «Se mi fermo mi assale la paura di non farcela più». La mette giù cosi Vasco, parlando del suo nuovo, ennesimo viaggio negli stadi d'Italia, il suo habitat ormai naturale dal 90, quando debuttò a San Siro e all'Olimpico). Ed eccolo di nuovo nella sua Puglia a respirare aria di mare, a correre, a rimettersi in forma e provare. Un resort isolato, i fans sfegatati ridotti all'essenziale, i suoi musicisti, una discoteca, la Cromie, a disposizione per provare.



Si debutta il 7 a Bari e si passa per Napoli, dopo tanti anni: «Torno al San Paolo, per questo non faccio Roma. Lì registrerò anche un dvd». E si va avanti per altre 13 date che, aggiunte alle 7 dell'anno scorso, fanno 21, per un totale di un milione di spettatori e un fatturato attorno ai 40 milioni: roba da azienda del rock. Il concerto, in pratica, è già pronto con le chitarre al massimo, ma la sorpresa sarà un set acustico. «Il concerto sarà lungo, con 28 titoli e nove canzoni nuove», rivela.



È sereno, riposato, perfino pacificato il rocker di Zocca che ha scoperto il segreto della musica come terapia. Racconta: «Sono sempre stato un'anima in pena e ora cerco di capire il mondo dell'inconscio per star meglio. Ho letto Freud, ora leggo Jung». No, non va dall'analista, almeno ancora: «Mi diverte, però, ricordare i sogni che faccio e siccome ci vuole qualcuno a cui raccontarli li metto nelle mie canzoni». È capitato così anche con Quante volte, un altro dei pezzi nuovi: «Quante volte sono stato sul palco: proprio in questi giorni ho festeggiato i 36 anni dal mio debutto, il 26 maggio del '79 in piazza Maggiore a Bologna».



Quanta strada ha fatto Vasco. «Sono andato più in là di quanto avessi programmato. Negli anni 80 le rockstar morivano come mosche e io ero pronto a sacrificarmi sull'altare del rock. Quando poi mi sono ritrovato vivo, non sapevo più cosa fare. Avevo scritto Albachiara, Una vita spericolata, a quel punto puoi anche morire e, forse, è perfino meglio». Invece no, così ecco la sfida: «Ero in un vicolo cieco, poi un giorno, con la chitarra ho cominciato a giocare scherzando sulla ragazza che mi aveva appena lasciato ed è venuto fuori un verso così: la mia ragazza mi ha lasciato, è colpa mia. Poi, dopo Lunedì e C'è chi dice, sono arrivati Gli spari sopra, gli anni 90 e gli stadi».



Vasco Rossi così è diventato Vasco, il papa del rock di casa nostra, con la sua folla di fedeli: «Questo è il nostro mestiere, non fare dischi. Il mercato discografico è stato una bolla». Dunque, il rapporto col pubblico su tutto: «Le mie canzoni sono vere, oneste, sincere, ma capisco l'effetto che fanno le mie parole. Per questo non parlo più di politica. Non è giusto, soprattutto per uno così famoso che può influenzare la gente». Il massimo che concede è la sua benedizione ai matrimoni gay, «anche se - aggiunge - con il Vaticano sarà dura che passi».