​Lutto nei Manhattan Transfer: è morto il cantante Tim Hauser

Tim Hauser
di Marco Molendini
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Sabato 18 Ottobre 2014, 20:34 - Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 12:51

ROMA – Finiscono così la loro storia i Manhattan transfer, uno dei gruppi vocali più popolari della storia della musica.

Finiscono con la scomparsa improvvisa del loro fondatore e dell'anima del gruppo. Tim Hauser aveva 72 anni. Grande appassionato di musica, aveva ritagliato la fisionomia di quel quartetto di voci sui propri gusti musicali, fra la passione del jazz, dello swing, un gusto retrò, una sensibilità decisamente pop, e la curiosità verso le novità.

Erano così parte della sua vita, i Manhattan, che Tim non è riuscito neppure a fare quello che qualche anno fa aveva deciso, notando che la parabola di successo del quartetto era in discesa netta: chiudere baracca e burattini.

Invece, nonostante le difficoltà, perché un altro pezzo della formazione, Cheryl Bentyne, la band ha continuato a girare il mondo e i festival. Da ultimo, a fine estate, erano tornati anche qui in Italia. E proprio l'altra sera, quando si è sentito male e un infarto ha fermato bruscamente la sua vita, Tim era ancora in tour in America, in Pennsylvania, con i suoi colleghi.

D'altra parte il mondo della vocalità gli era entrato in testa da ragazzino, negli anni di scuola. Erano gli anni Cinquanta con l'esplosione di uno stile che venne battezzato onomatopeicamente doo-wop. E fu una band di doo wop la sua prima formazione, i Frankie Lymon and the Teenagers. Seguirono altri tentativi, finché nel 69 videro la luce i primi Manhattan transfer, quintetto di voci a metà strada fra il country e il rhythm 'n' blues il cui nome era stato preso a prestito da un romanzo scritto da John Dos Passos nel 1925. Quell'organico registrò un solo disco, Junkin' e Tim, per campare, fu costretto a fare il tassista.

Nel '72, dopo aver conosciuto come passeggera del suo taxi una giovane cantante, Laurel Massè, lanciò di nuovo i suoi Manhattan transfer con quello che sarebbe stato l'organico quasi stabile reclutando Janis Siegel e Alan Paul (verso la fine degli anni 70, la Massè venne rimpiazzata da Cheryl Bentyne). La ricetta messa a punto era quella definitiva, una miscela di gusto jazzistico e sensibilità pop con l'idea di rispolverare una tradizione, quella dei vocal group e in particolare del vocalese (l'arte di cantare usando la voce come uno strumento) in forte crisi, puntando sull'eleganza, sulla sapienza delle combinazioni, guardando a modelli classici come i Mills Brothers e il Golden gate quartet o il trio Hendricks, Lambert & Ross. Una combinazione misuratissima, esplosiva e frizzante, con un forte gusto teatrale e frequenti cambi di costume (era lo stesso Hauser a curarne lo stile) capace di passare con sapienza e estrema cura dallo swing di Tuxedo Junction, a classici jazz come Four brothers, a soul songs come The boy from New York city, a canzoni francesi come Chanson d'amour.

Dalla fine degli anni 70 fino agli anni 90 i Manhattan sono stati sulla cresta dell'onda, capaci di vendere milioni di dischi, conquistare premi grammy, essere dominatori di festival (li ricordiamo spesso in Italia, letteralmente osannati), riuscire a piazzare vere e proprie hit, come la rivisitazione di Bridland di Joe Zawinul o l'escursione in Brasile, andando a scovare un cantautore di talento come Djavan (era suo Soul food to go). «E' stato un visionario. Abbiamo trascorso insieme più di 40 anni cantando e facendo musica, viaggiando per il mondo e condividendo momenti speciali» hanno scritto Cheryl Bentyne, Alan Paul e Janis Siegel.

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