Il pianista statunitense Mark Harris: «Vi racconto l'album che De Andrè non ha fatto in tempo a scrivere»

Il pianista Mark Harris (Foto di Alberto CICCHINI)
di Franco Cameli
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Sabato 9 Novembre 2013, 12:44 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 13:14
SAN BENEDETTO DEL TRONTO Prima di morire Fabrizio De Andr stava realizzando un album con me. Il tastierista e arrangiatore statunitense Mark Harris, ha svelato prima di un concerto nelle Marche, al Magazeno di San Benedetto del Tronto, la paternità dell’opera incompiuta. «Dopo la morte di Faber si è aperto il dibattito sull’ultimo lavoro. E’ probabile che abbia detto ad altra gente di fare qualcosa, ma io ero in costante contatto con lui per telefono e gli facevo sentire come procedeva l’elaborazione delle parti musicali. Lui era contentissimo delle musiche e cominciava a mettere su i testi. Fabrizio si stava sottoponendo alle sedute di chemioterapia e non era in grado di venire da me con il computer».



LP DEDICATO A UN AMICO SARDO MORTO

Harris confuta le dichiarazioni del poeta Oliviero Malaspina che ha raccontato di avere scritto i testi per l’album. Secondo l’artista, l’incompiuta era dedicata alla morte di un amico sardo ed era composta da quattro notturni.



«Malaspina – prosegue Harris – asserisce di avere scritto le poesie per il cd. Ma i testi che De André canticchiava al telefono non erano quelli pubblicati in internet da Malaspina».



UN DISCO CON 4 MOVIMENTI

Harris è stato arrangiatore del disco Fabrizio De André (quello omonimo conosciuto come L’indiano). La collaborazione si interruppe nel 1984 prima di Crêuza de mä. Smentisce con decisione che Faber volesse intitolare l’incompiuta Notturni. Conferma che si trattava di un lavoro in quattro movimenti dedicati all’amico sardo scomparso. Custodisce nel computer le sequenze midi (non ci sono registrazioni) e non ha intenzione di renderle pubbliche.



LA RICHIESTA DELLA FAMIGLIA

«Dori Ghezzi mi è stata dietro per anni, dicendo che voleva farlo cantare a Cristiano. Io ho sempre rifiutato. Sarebbe la cosa più deprimente della mia vita. A Cristiano voglio bene, ma non gli puoi dare i brani finali di De André. Poi, chi fa i testi? Qualche amico loro? Non va bene. Quello che posso dire è che lui voleva fare una suite in quattro movimenti, tipo una lunga sinfonia con poche parti cantate. Una sezione era impostata sul cool jazz della west coast americana di cui era grande estimatore».



«COSI' CONOBBI FABER»

Harris racconta di avere conosciuto Faber alla fine dei Settanta in sala di registrazione a Milano.

«Fui reclutato per le parti di tastiera. Mi dissero che era il migliore. Arrivai in ritardo alla sessione. Trovai un bel ragazzo riccioluto che cantava maluccio (Massimo Bubola, ndr). Rimasi perplesso nell’ascoltare il giovane, che non mi sembrava il più bravo. Nel frattempo c’era un mezzo anziano che gironzolava fumando come un turco parlando tra sé e sé. Pensai che il mezzo anziano fosse il manager, finché non si mise al microfono e capii che era lui De André. Ero talmente eccitato che lo volli conoscere per dirgli che aveva veramente una bella voce. Cambiò espressione, come quella di un bambino, e disse che gli faceva piacere il mio apprezzamento in quanto non glielo dicevano da anni».



GLI INIZI CON ALAN SORRENTI

Harris, di origini statunitensi, cominciò l’attività artistica a Napoli all’inizio dei Settanta.

«La prima persona con cui ho collaborato è stato Alan Sorrenti, registrammo negli studi Chantalain di Bobby Solo a Roma. Bobby studiava yoga con Shawn Phillips, il texano che provava a Positano. Phillips prima di arrivare in Italia era stato immortalato dalle telecamere del film-documentario Woodstoock mentre faceva yoga nei campi».



Harris asserisce di essere entrato in studio con timidezza «perché li consideravo professionisti. Quando mi resi conto che il mio gruppo del liceo suonava meglio di loro, mi tranquillizzai e cominciai a fare vedere le parti agli altri musicisti».



I TEMPI CON BENNATO E NAPOLI CENTRALE

Tra gli artisti con cui ha collaborato a Napoli non poteva mancare Edoardo Bennato.

«Quando lo sentii per la prima volta gli dissi che somigliava molto a Ugolino, quello di Ma che bella giornata».Poi l’avventura con i Napoli Centrale, con i quali realizzò solo il primo omonimo album nel 1975. «Ricordo che stavamo registrando il disco negli studi di Bobby Solo, quando entrò nella sala l’impresario del gruppo. Aveva in mano una copia del popolare settimanale Ciao 2001, dove nella pagina delle classifiche c’era il Lp Napoli Centrale piazzato al quinto posto. Io ero il più giovane degli altri e non capivo questo fatto. Com’era possibile entrare in classifica senza un disco sul mercato? Gli altri mi spiegarono, poi, come funzionava il meccanismo».



...E PURE MARA MAIONCHI

Harris negli anni Ottanta conobbe Mara Maionchi. «Oggi capita che Mara e il marito mi chiedano di andare a parlare agli aspiranti artisti storie di musica. Io ai ragazzi questo fatto di Ciao 2001 lo racconto senza timore. Mara e il marito mi dicono che queste cose accadevano un tempo. Ma io non so quando il meccanismo sia cambiato. Se funzionava bene una volta, perché cambiarlo?».



Richard Harris ha raccontato gli aneddoti al Magazeno di San Benedetto del Tronto, intervallati da qualche suonatina al piano èprima di un concerto.



RAGAZZI DATE SPAZIO ALLA FANTASIA

L’ultima perla di saggezza l'ha riservata ai i giovani: «Ragazzi, imparate a suonare, ma evitate le cover. Fate le jam session, senza canzoni, così non dovrete riempire il borderò della Siae e la gente si divertirà sicuramente. Facciamo una moratoria di cinque anni per le canzoni scritte. Diamo libertà alla fantasia».
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