Da Ipazia a Lady D, l'eterno coraggio delle donne: la mostra di Anna Laura Millacci

Da Ipazia a Lady D, l'eterno coraggio delle donne: la mostra di Anna Laura Millacci
di Carmine Castoro
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Domenica 16 Novembre 2014, 06:23 - Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 18:00
C’era anche la bellissima immagine di Ipazia, l’astronoma-filosofa uccisa in nome di una scienza che faceva scintillare le sue prime fervide luci, nella “personale” della visual artist Anna Laura Millacci apertasi in questi giorni alla “The Secret Gallery”, scrigno perfetto per opere d’arte contemporanee a due passi da Castel Sant’Angelo.



Un percorso delle emozioni attraverso un omaggio alla memoria e all’intraprendenza di 18 figure storiche femminili che per alcuni aspetti hanno cambiato la nostra storia.



Donne volutamente sostenute dall'artista attraverso un unico denominatore comune: “Il Coraggio”. Coraggio contro i poteri maschilisti e sacerdotali, contro le discriminazioni di genere, contro i millenarismi di casta, contro l’invadenza banalizzante dei media, contro i processi di stregoneria, contro l’intolleranza che si fa Stato, contro i ricatti e le corruzioni, contro le derive di genere e i pregiudizi.



Uno spaccato di grandi lotte sociali in tele che trasudano passato e un presente gravido di senso; soprattutto grandi temperamenti declinati al femminile che hanno visto battere cuori, ardimenti, saperi autorevoli e veri e propri atti di eroismo e di lungimiranza storica sotto quelli che molti avrebbero solo voluto interpretare come poveri abiti da massaie, lustrini da cortigiane, stereotipi da star.



Ecco allora sfilare, nella diacronica vetrina della Millacci - che unisce contorni pop-fotografici a colori caldi e superfici quasi carezzevoli - , personaggi audaci e sanguigni, seppur legati spesso a tragedie collettive e sventure personali: Caterina dè Medici, Frida Khalo, Cleopatra, Lady Diana, Lucrezia Borgia, Elena di Troia, Rosa Luxemburg, e tante tante altre, che hanno preso a cuore le cause dei deboli, degli oppressi, o semplicemente difeso il proprio diritto a esistere, a contare, a poter pensare e a non subire.



La traiettoria della vita di Ipazia, matematica e pensatrice dell’antica Grecia, davvero in tutto questo fa da simbolo di quell’antica guerra che non oppone la donna all’uomo, ma alla stupidità, alla cecità, alla manipolazione della vita e dell’intelligenza con facili credenze e squallori politici ereditati e tramandati. Legata agli antichi culti pagani di Alessandria d’Egitto, Ipazia recalcitra all’invadenza sempre più assolutista e sanguinaria del credo della cristianità ormai dilagante.



Ciò che per l’evoluta donna della biblioteca del Serapeo, totem di verità sapienziali, è sinonimo di splendore dei riti, umiltà dello studio, apertura ai cieli nella loro vastità, fedeltà dei discepoli allo zelo e al carisma del saggio, serena disposizione al dialogo, anche con gli schiavi, per la crescente setta dei “parabolani” è sottomissione al sacro, obbedienza a Dio, ritrosìa ad ogni forma di presunzione intellettuale che ne ostacoli il disegno provvidenziale. Il dono e la condivisione del sapere fronteggiano la soggezione del peccato e la chiusura nella preghiera.



Ma quando i “monaci” cominciano a utilizzare come metodo di conquista la profanazione delle effigi orientali e l’accusa di idolatria per chi crede in quegli ori e quei profili animali, si scatenano le lame e l’odio, e i seguaci di Iside vengono massacrati e sottomessi.



Quella che appare, in embrione, come l’avanzata indomabile della fede cattolica arriverà a diventare tutt’uno con le esigenze militari centraliste dell’impero romano, e prefetti e vescovi stringeranno torbide alleanze pur di monopolizzare il potere che è, ormai, contemporaneamente, degli eserciti, degli apparati di Stato e delle coscienze. E la stessa Ipazia cadrà sotto la violenza folle di una tirannia che, in un micidiale sigillo marziale e ieratico, ha ormai distrutto quella meravigliosa voglia di interrogarsi liberamente sui modi della vita e le origini dell’universo.



“Il coraggio va visto come incomparabile arma per affrontare le battaglie sociali e di genere più rilevanti ma il cui prezzo da pagare è stato sempre ed è ancor oggi fuor di misura e dispendioso, soprattutto per le donne comuni – dice Anna Laura Millacci -. Anche perché questo coraggio, come la storia mostra, spesso è stato figlio di una classe sociale ed economica dominante, che in alcuni casi, inizialmente, ha permesso loro di dire un grande no al sistema che le vedeva relegate a ruoli marginali.



Donne, dunque, che indubbiamente sono state avvantaggiate da uno status sociale che le ha permesso di poter combattere le loro battaglie, ma comunque malviste dai contemporanei, che spesso hanno omesso o nascosto le loro doti, diffamate, infangate dal maschilismo degli storiografi e spesso successivamente perseguitate. Donne che rivendicano e rivendicavano l’indipendenza ed il rispetto fisico, psicologico ed intellettuale, oggi come ieri – conclude l’artista. Donne idealiste, fiamma mai spenta. Donne simbolo di antiche battaglie che potevano forse sembrare vinte, ma si sono poi rivelate solo dei fantastici ingannevoli abiti confezionati su misura dai migliori stilisti. Per creare una rassicurante, moderna, illusione sociale. Una sorta di calmiere sociale "griffato"”.



Bisognerebbe riflettere, insomma, su come il sistema economico domina e predomina ogni nostro diritto civile e morale più di qualunque altro conflitto ideologico o legge approvata. Il coraggio probabilmente si paga, vuol dirci la Millacci con i suoi quadri che sembrano contagiare con lacrime e rivoli di sangue, ma anche con perle di meraviglia e scoppi di gioia, lo sguardo di chi le osserva da vicino. E lo si paga a caro prezzo.



E quindi forse dovremmo avere il “coraggio” di insegnare anche questo concetto, seppur scomodo, ai nostri figli. Figli, in fondo, di un consumismo che conosce solo il marcio dell’apparire e non più la profonda bellezza dell’essere e del trasformare.