Roma è la città dell'odio. Quando il protagonista sbarca a Fiumicino, di ritorno a casa, per prima cosa prende a spinte un tassista abusivo troppo insistente, poi litiga con un guidatore di Suv che non ha rispettato le strisce pedonali, più avanti si maschererà da contestatore no-global per dare l'assalto a un bancomat, così, tanto per sfogare a casaccio un po' della sua intima rabbia.
Roma città anziana, stanca, rallentata, anzi proprio ferma, praticamente l'opposto di quei paesi lontani che molti italiani ancora immaginano come il Terzo mondo, mentre sono società dinamiche e ad alta tecnologia. “All’aeroporto di Fiumicino le valigie compaiono sul nastro solo dopo cinquanta minuti. Gli scintillii dell’aeroporto di Bangkok o le finte palme di quello di Dubai, qui sono trasformati in pavimenti pallidi e macchiati, pannelli dei soffitti ammaccati, gente che spintona, urla, parolacce”. Roma città dove non ha più senso vivere, e allora perché non fabbricarsi una vita artificiale in Thailandia, tra finti amici che di fatto sono dipendenti stipendiati, una moglie che in realtà è una prostituta, e un po' di pasticche a buon mercato per procurarsi chimicamente qualche mezzora di felicità, finché il fisico regge.
Evangelisti fa muovere i suoi personaggi in due luoghi che conosce molto bene: la Roma di cui si occupa quotidianamente come cronista del “Messaggero” e la Thailandia che ha attraversato decine di volte per passione di viaggiatore. Per i suoi romanzi (questo è il terzo, tutti pubblicati da Carta Canta) usa in genere il presente indicativo, e nella scelta del tempo verbale c'è tutto il carattere di “Io odio tutti”, un libro concentrato sull'oggi, sul mondo in cui viviamo, raccontato con grande velocità e senza neanche un fronzolo, mettendo in scena la vita vera senza mai fare “letteratura”.
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