Le terrazze romane, la crisi economica e lo status sociale

Luca Ricci
di Luca Ricci
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Sabato 9 Agosto 2014, 12:15 - Ultimo aggiornamento: 12:48
Se c’ forse una cosa su cui i romani non scherzano sono le terrazze. S perch senza una terrazza a Roma non esisti, che tu ci organizzi un rave party o un premio letterario, una partita a burraco o un lunch d’affari. La terrazza è un fatto pubblico prima che privato, i romani la esibiscono, la ostentano, e quanto più il belvedere è di prestigio tanto più il potere e lo status sociale salgono (in ordine crescente: vista Gasometro, vista Olimpico, vista Colosseo, vista San Pietro).



Il cumenda era un romano doc, ma tutti lo chiamavano così per sottolineare il suo attaccamento all’azienda e al denaro. Fatto sta che negli ultimi tempi gli affari non andavano più a gonfie vele, la crisi era trasversale, e anche quelli che fino a poco tempo prima avevano continuato imperterriti a organizzare un festino dietro l’altro sulle loro belle terrazze, adesso dovevano tirare la cinghia.



«Quest’anno in terrazza ci andremo in vacanza» annunciò il cumenda a sua moglie Amanda, la quale restò a dir poco stupefatta.



«Siamo messi così male?» gli domandò con un groppo in gola.



«Cara, quanto sei ingenua» concluse il cumenda. «Male sarebbe una previsione ottimistica”.



«Ma noi siamo sempre andati almeno un mese a Forte dei Marmi!», replicò Amanda. «Ne va della nostra rispettabilità».



Il cumenda non volle sentire ragioni, perciò il giorno stabilito per l’inizio della vacanza fece trasferire armi e bagagli la famiglia su in terrazza, un bel rettangolo spazioso che si raggiungeva tramite un elegante scala a chiocciola, molto noto in un certo giro romano d’affari e d’affaristi, frequentato anche da qualche politico di spicco e qualche bella figliola della tv.



«E per dormire scenderemo a casa?» protestò uno dei figli del cumenda. «E che vacanza sarebbe?».



Ma il cumenda aveva previsto tutto, aveva pianificato quella vacanza fin nei minimi dettagli. Per le ore di canicola c’era il pergolato dove avrebbero anche mangiato, e per la notte aveva fatto predisporre dei gazebo con relativi materassini e sacchi a pelo.



«Sarà come andare in campeggio,” asserì infine. «Ma un campeggio extra-lusso visto che si tratta pur sempre di casa nostra».



Quella vacanza sui generis cominciò, e c’è da dire che le prime settimane volarono. Amanda leggeva gialli sulla sdraio quasi per tutto il tempo, mentre i figli avevano gonfiato una piscinetta e lì potevano illudersi di stare trascorrendo la loro pausa estiva al mare. Quanto al cumenda, il suo piacere più grande, non senza qualche inquietudine, era assistere a quella menzogna di cui lui stesso era il creatore.



Quel che più metteva in ansia il cumenda era la terrazza del palazzo dirimpetto, che per sfortuna era più in alto della loro. Ma quella terrazza in tanti anni era sempre rimasta vuota, e l’appartamento relativo sfitto. Certo sarebbe stata una gran figuraccia per il cumenda, se qualcuno per sbaglio avesse potuto vederlo in costume e infradito sulla terrazza di casa sua, mentre tutta la società - la crème de la crème - credeva che fosse al mare in Versilia.



Successe qualche giorno più tardi, di sera. Dalla terrazza più in alto cominciarono a sparare dei fuochi d’artificio. Il cumenda che si era già steso sopra il sacco a pelo, si riscosse dal sonno terrorizzato. Chi diavolo stava facendo una festa proprio sopra la sua testa? E allora li vide, erano tutti con gli occhi puntati su di lui. C’erano gli affaristi, i politici e le belle figliole della tv. «E voi?» urlò disperato il cumenda. «Che ci fate in quella terrazza abbandonata?» Ma la sua voce venne coperta dalle risate della comitiva. Il cumenda non aspettò un attimo in più e spiccò il volo dal settimo piano. Soltanto poco prima di sfracellarsi al suolo gli venne il dubbio che potesse trattarsi di un brutto sogno.



Twitter: @LuRicci74
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