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I Millennials sono gli americani nati fra il 1980 e il 2000, oltre 80 milioni di giovani. La Generazione X è invece quella compresa fra il 1965 e il 1980, mentre i Baby Boomers sono nati fra il 1946 e il 1964. Ci sarebbe anche la Silent Generation, gli americani nati fra il 1928 e il 1945. Negli Usa c'è sempre stata la fortissima tentazione di appioppare un'etichetta a ogni generazione. La Silent Generation ad esempio era definita “capace di adattarsi”. I baby boomers erano “idealisti”, gli X “disincantati”. Da quattro anni dunque si cerca di dare un'etichetta anche ai Millennials.
Dalla passione per il vegetarianesimo, secondo i dati raccolti nel 2010 dal Pew Research Center, sembrava scontato che l'etichetta dovesse essere “una generazione con un forte senso civico”. Difatti, oltre a essere vegetariani, i Millennials mangiano “local”, e quattro anni fa si dicevano anche assolutamente certi che avrebbero preferito lavorare per aziende con un'etica forte verso la protezione dell'ambiente e dei diritti umani, che avrebbero preferito guadagnare 40 mila dollari all'anno anziché 100 mila ma avere un lavoro piacevole, che preferivano spendere poco e scegliere abbigliamento di produttori che non sfruttassero il lavoro minorile, che volevano dare sfogo al proprio spirito imprenditoriale ma con fantasia e magari anche nella cantina dei propri genitori.
CATASTROFI
Insomma, era il quadro perfetto di una generazione che era nata con lo smartphone in mano e l'iPad nel cestino dell'asilo, e che aveva visto il mondo attraversare catastrofi e crisi, dagli attacchi dell'undici settembre, alle guerre in Afghanistan e Iraq con i loro migliaia e migliaia di morti, alla recessione del 2008: da queste esperienze sembrava scaturire una generazione digitalizzata in tutto, ma anche scettica nei confronti delle istituzioni, con un forte senso della comunità e grande empatia per chi soffre.
E tuttavia... le generazioini crescono, e cambiano. Guardiamo un attimo ai Baby boomers: idealisti? Sì, forse quando erano giovani, affollavano il festival di Woodstock, protestavano contro la guerra in Vietnam, marciavano per i diritti civili. Ma poi sono diventati la generazione del boom della borsa, del “greed is good” (l’avidità è un bene, immortalato da Michael Douglas nel film Wall Street), delle gigantesche case McMansion iperriscaltate in inverno e congelate in estate, delle auto Suv ingoia-benzina: gli ex contestatori diventarono la colonna dell'establishment, della società dei consumi.
Non che i Millennials abbiano già fatto dietrofront, ma successivi controlli sia dello stesso Pew Center che di altri analisti hanno dimostrato che tutto quel sentimento ambientalista scema fortemente se richiede che un giovane cambi le proprie abitudini, e difatti - guarda guarda - sono molto più attenti al riciclaggio i Baby boomers che non i Millennials. E quell'accontentarsi di 40 mila dollari? Ebbene, un sondaggio dello scorso anno ha rivelato che quel sentimento romantico ha ceduto il passo a un altro molto più prosaico: “Essere molto ricchi” è il sogno dell'81 per cento dei ragazzi che entrano al primo anno di università.
Insomma, il panorama che sta scaturendo di questa nuova generazione man mano che cresce, assomiglia strordinariamente a quella dei Baby boomers, che poi sono i loro genitori. Sono davvero tolleranti rispetto alla diversità sessuale e razziale, vogliono un mondo migliore sia socialmente che ambientalmente, ma non disprezzerebbero la ricchezza e i comodi che essa offre. Cioè, man mano che gli anni passano, anche loro si mettono in fila per conquistare il sogno americano. Se poi diventeranno la colonna dell'establishment, lo sapremo fra una ventina d'anni.
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