Biennale Architettura: dall'Africa uno sguardo verso il futuro del pianeta e un caleidoscopio di idee sulle urgenze del nostro tempo. Polemiche per i visti negati ai collaboratori della curatrice

Si inaugura il 20 maggio The Laboratory of the Future - Il Laboratorio del Futuro, la mostra di Biennale Architettura curata da Lesley Lokko con i progetti di 89 partecipanti (tre gli studi italiani), di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana

Biennale Architettura 2023
di Simona Antonucci
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Mercoledì 17 Maggio 2023, 18:57 - Ultimo aggiornamento: 20:03

Parlamenti in legno e materiali riciclati, progetti in cui si celebra il recupero, modellini, tessuti, mappe, musiche, installazioni, insediamenti nomadi nel deserto convertiti al turismo, “case” intese come comunità di idee, costruzioni di riflessioni. Industrie estrattive che aprono ferite sulle montagne in dialogo con villaggi fondati su paramentri funzionali ed ecologici. E un “Carnival”, un ciclo di incontri, tavole rotonde, film e performance che accompagna i sei mesi dell’esposizione, per tentare di colmare il divario tra gli architetti e il pubblico.

 

Lesley Lokko

«Per la prima volta i riflettori della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia saranno puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo». Lesley Lokko presenta il suo The Laboratory of the Future - Il Laboratorio del Futuro. Un percorso, dove la scienza del costruire non è dominante, curato dalla scrittrice e architetta scozzese con cittadinanza ghanese, che da sabato 20 maggio a domenica 26 novembre 2023, ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera, apre finestre su pratiche e modalità future di vedere e di stare al mondo, attraverso una sguardo privilegiato sull’Africa e sulla sua diaspora, ponendo al centro interrogativi e risposte su problemi centrali come la decarbonizzazione, la sostenibilità ambientale, la decolonizzazione.

I visti negati

Un focus sull'Africa su cui Lokko ha lavorato con un team di colaboratori del suo Paese, ma a tre di loro è stato negato il visto d'ingresso e uno è ancora in attesa di resposo. Per tutti era stata già trovata una sistemazione in Venezia e prenotato il biglietto di ritorno in Ghana, fa sapere la Biennale che sta dialogando con le autorità competenti per trovare una soluzione. Ma l'episodio ha sollevato polemiche. 

Progetti di 89 partecipanti

«E' impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina», aggiunge Lokko che ha riunito per la sua Mostra i sogni e i progetti di 89 partecipanti (tre gli studi italiani), di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana: tutti “practitioners”, con studi di architettura che si confrontano con nuove leve. «Un insieme di racconti, tutti costruiti da studi e team molto ristretti, in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo». Partecipanti selezionati con un equilibrio di genere e un'età media di 43 anni, che cala a 37 nella sezione Progetti speciali della Curatrice, in cui il più giovane ha 24 anni

Il Leone d'oro a Demas Nwoko

Dopo le pre-aperture con giornalisti e professionisti da tutto il mondo, con una città che accompagna l’evento con vernici di mostre nelle principali istituzioni lagunari, la cerimonia di inaugurazione si svolgerà sabato 20 maggio (ore 11) a Cà Giustinian con l’attribuzione all’architetto nigeriano Demas Nwoko, 88 anni, del Leone d’Oro alla carriera. Nell’occasione, la giuria - presieduta dall’architetto italiano Ippolito Pestellini Laparelli assegnerà i premi ufficiali. «Presentiamo un laboratorio del futuro che non può prescindere da un punto di partenza preciso», spiega il presidente della Biennale Roberto Cicutto, «La curatrice Lesley Lokko parte dal suo continente di origine, l’Africa, per raccontarne tutte le criticità storiche, economiche, climatiche e politiche e per dire a tutti “A noi è già successo molto di quanto sta accadendo al resto del mondo.

Confrontiamoci per capire dove si è sbagliato finora e come va affrontato il futuro”. È un punto di partenza che invoca l’ascolto di fasce di umanità lasciate fuori dal dibattito, e apre a una molteplicità di lingue zittite per molto tempo da quella che si considerava dominante di diritto in un confronto vitale e improcrastinabile». 

IL POSTCOLONIALISMO

L’umanità, «con sguardo miope», ha presunto che il pianeta fosse interamente al suo servizio e per questo «molte risorse cruciali sono state esaurite. Perché la Terra è stata considerata in modo così limitato?». Lo chiede Achille Mbembe, camerunese, uno dei massimi teorici del postcolonialismo, aprendo una delle stanze del percorso, suddiviso in due momenti di riflessione: nel padiglione centrale è preso in esame il rapporto con la diaspora africana e le prospettive nel mondo; nel secondo, sotto esame è il concetto di architettura in connessione con altre discipline, con installazioni video, regie, allestimenti scenografici dello spazio. Un viaggio dove si analizza l’abitare, ma anche del modo di abitare, di prevenire, di rendere sostenibile non solo la costruzione, ma anche i nostri comportamenti. «Immaginando l’architettura come forma di traduzione del mondo», dice Lokko che nel 2020 ha fondato ad Accra, in Ghana, l’African Futures Institute, scuola di specializzazione in architettura, mentre nel 2015 aveva creato la Graduate School of Architecture alla University of Johannesburg.

ITALIA

L’inaugurazione del Padiglione Italia, dal titolo Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri, promosso dal Ministero della Cultura e curato da Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi), si terrà venerdì 19 maggio, alle ore 17; interverrà con Roberto Cicutto,  Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura. Si tratta di giovani professionisti, nati tra 1987 e il 1989, riuniti nella sigla Fosbury Architecture (in onore del rivoluzionario del salto in alto e oro Olimpico), che portano sotto i riflettori le istanze di una nuova generazione di progettisti, attenti alle tematiche della sostenibilità e della condivisione. Nove i team che hanno coinvolto altrettanti advisor, provenienti da diversi campi delle industrie creative, per un totale di circa 50 persone con età media di 33 anni, che si sono misurati per espandere i limiti dell’architettura. Per la prima volta, infatti, il Padiglione Italia è stato interpretato come l’occasione per realizzare nuovi progetti: un attivatore di azioni concrete a beneficio di territori e comunità locali. Una parte consistente dei fondi pubblici è stata infatti utilizzata per innescare nuovi processi o potenziare realtà esistenti.

UCRAINA E VATICANO

Oltre all’Italia, sono 63 le partecipazioni nazionali che hanno organizzato le proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini (27), all’Arsenale (22) e nel centro storico di Venezia (14). Ad accogliere i visitatori nello spazio curato dall’Ucraina, all’Arsenale, intitolato “Before The Future”, un telo militare che copre il pavimento di un luogo angusto, buio, senza finestre, claustrofobico, che alla violenza della guerra in atto. Mentre nell’area Esedra, all’aperto nei Giardini, si dispiega un’antica rete di fortificazioni nella regione di Kiev. Presente anche il Vaticano, con “Sacred Landscapes” (curatore Marco Delogu) nel bosco della Fondazione, sull’Isola di San Giorgio, con opere sistemate in prossimità delle dieci cappelle realizzate nel 2018 per la prima partecipazione della Santa Sede alla Biennale.

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