Battiston, protagonista di "Pitza
e datteri": «Io un integralista da ridere»

Giuseppe Battiston (al centro) in una scena del film
di Gloria Satta
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Mercoledì 27 Maggio 2015, 21:16 - Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 13:37
“Un film per sollevare la discussione su un tema delicato e attualissimo come i rapporti tra Islam e Occidente. Ma con il sorriso”. Così Giuseppe Battiston racconta “Pitza e datteri” il film diretto dal regista curdo nato in Iran Fariborz Kamkari, da giovedi 28 nelle sale con Bolero film. Prodotto da Adriana Chiesa Di Palma e Fabrizia Falzetti, il film è una scoppiettante commedia ambientata a Venezia. Protagonista è la pacifica comunità islamica locale, alle prese con un problema non da poco: recuperare la moschea trasformata in un salone di bellezza dall’avvenentge parrucchiera Maud Bouquet. Battiston interpreta il ruolo esilarante di un nobile veneziano decaduto che si converte e diventa un musulmano integralista. Perderà la testa per la bella parrucchiera, come il giovane e inesperto imam Saladino (Mehdi Meskar) chiamato dalla comunità.

Cosa le è piaciuto del film?

“Il fatto che fosse una commedia non convenzionale e soprattutto fuori degli schemi delle commedie italiane. Con una semplicità di fondo che la rende irresistibile”.

E quando le ha proposto di fare l’integralista, cosa ha pensato?

“Mi è sembrata un’idea geniale affidarmi il ruolo del nobile uscito di testa che si vende al profeta. Ci voleva la sensibilità di Kamkari”.

Ha mai conosciuto qualcuno che somigliasse al suo personaggio?

“No, mai incontrati degli estremisti islamici. L’integralismo attecchisce presso gli spiriti più deboli, nelle fasce disperate della popolazione. Il regista è stato bravo a mantenere il racconto nei binari del sorriso e della semplicità, senza calcare la mano”.

Teme che qualche persona di fede islamica possa risentirsi?

“Non credo proprio. Il film è stato mostrato a diversi imam e ai rappresentanti delle comunità islamiche che lo hanno apprezzato: invita alla riflessione ma con un tono leggero e garbato”.

Si è ispirato a qualcuno che conosce?

“No, conosco pochissimi musulmani come i venditori ambulanti che incontro da tanti anni a Torino, la città in cui vivo. Chiacchieriamo tanto di teatro”.

Perché lei che è friulano ha scelto di vivere a Torino?

“Perché è una bellissima città e perché ospita lo Stabile, la struttura più in salute del teatro italiano. Continuo ad alternare il palcoscenico al set. Girerò il nuovo film di Zanasi, La felicità è un sistema complesso”.

Lei, nato in teatro, negli ultimi anni è esploso al cinema. Con che criteri sceglie i film?

“Quando penso che siano da fare, come nel caso di Pitza e datteri. E, per quanto possibile, inseguendo il mio divertimento personale”.

Come giudica il cinema italiano?

“Il filone della commedia si un po’ perso e credo che il pubblico, giustamente, sia saturo di certi film. Ma sono fiducioso nei giovani registi”.

Intende fare il regista?

“Non a tutti i costi. Ho lavorato con i migliori, da Soldini a Mazzacurati, e non ho l’ambizione di venire chiamato regista. Tanti attori passano dietro la macchina da presa, ma questo non fa di loro dei bravi registi”.

Cosa ricorda di più di Mazzacurati?

“La capacità di far ridere e sorridere. Ha lasciato un vuoto enorme ed è ancora un mio punto di riferimento”.

Quali ruoli preferisce?

“Sono affezionato alle creature più deboli. Il film Zoran il mio nipote scemo è sempre nel mio cuore. E pensare che era fatto con nulla”.
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