Mirafiori Lunapark. Al Torino Film Festival il folle sogno di tre vecchi operai

una scena del film di Stefano DI Polito
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Martedì 25 Novembre 2014, 20:43 - Ultimo aggiornamento: 20:44
C'era una volta la Fiat. E con la Fiat la comunità degli operai che lavoravano alla catena di montaggio pancia a terra, con la convinzione di poter dare ai figli un mondo migliore. Ora quel mondo non c'è più, nè quelle certezze e quei valori di solidarietà e sogno. Come si vede nel film di Stefano Di Polito presentato in anteprima al Torino Film Festival, Mirafiori Lunapark, con Alessandro Haber, Antonio Catania e Giorgio Colangeli.



Prodotto da Mimmo Calopresti in collaborazione con Rai Cinema, e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, Mirafiori Lunapark non è però un film nostalgico. Piuttosto è l’affettuosa rievocazione di un mondo «recente ma che sembra lontanissimo», dice Calopresti. «L’omaggio a una generazione, quella di mio padre e del padre del regista, che ha lavorato tantissimo ma alla fine ha avuto poco. E a me piaceva proprio l'idea di raccontare quegli operai che, dopo aver lavorato tutta la vita, arrivati alla pensione perdevano l'orizzonte perchè per loro la fabbrica era tutto».



Protagonisti del film sono tre operai Fiat ormai in pensione, che non sopportano di vedere Mirafiori in degrado e lottano per trasformare la fabbrica, la loro fabbrica, in un lunapark e in una sala da ballo per la gente del quartiere. Un modo per sentirsi ancora vivi e ritrovare quei lavori, qual senso di comunità che c'erano in fabbrica e che non hanno più.



«Ci riusciranno, ma per poco tempo» racconta Calopresti. «Il mondo nuovo avanza e per queste forme di vita da retrovia non c'è più posto. La caparbietà di quegli operai mi riporta oggi agli operai della Fiom, e a gente come Landini, che ancora oggi provano a gridare al mondo il valore del lavoro e la dignità degli ultimi. Ma allora quegli operai avevano negli occhi e nel cuore il sogno di un futuro per i loro figli che oggi non vedo».



Protagonista assoluta del film è Torino, con i suoi tramonti visti dalla pista del Lingotto. «La pista di prova sul tetto di una delle fabbriche più grandi del mondo», ricorda Calopresti. E poi con le manifestazioni di piazza oceaniche raccontate dai filmati dell'Istituto Luce e la riconversione delle aree industriali dismesse. Il film, che non ha ancora un programma ben definito di distribuzione nelle sale, è anche un atto di coraggio e volontà da parte del regista e degli stessi attori, che hanno lavorato tutti a bassissimo budget.



Una fiaba metropolitana ben confezionata alla quale hanno anche voluto collaborare due nomi illustri. Don Ciotti, che presta la sua voce a un prete. E Lorenzo Ventavoli, storico esercente cinematografico ed ex-partigiano torinese, protagonista di tante battaglie anche culturali, qui nel ruolo di un ex dirigente Fiat più attento al golf che alla vita degli operai, ma che alla fine darà loro una mano.
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