Gabriele Mainetti: «Andate al cinema e salvatemi la vita»

Gabriele Mainetti: «Andate al cinema e salvatemi la vita»
di Eva Carducci
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Giovedì 22 Ottobre 2020, 18:40

Incontro ravvicinato molto atteso quello di oggi con Gabriele Mainetti, il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot presentato proprio alla Festa del Cinema di Roma cinque anni fa. Tra le clip selezionate dal regista per l’incontro apre le danze quella de L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli: «I suoi film li ho visti non so quante volte con mio padre. In particolare questo è stato determinante per la genesi di Freaks Out» opera seconda di Mainetti che arriverà in sala il 16 dicembre: «Uno sguardo, tutto italiano, che racconta i poveracci che cercano il mito, ma non lo trovano. Nonostante questo non perdono la voglia di inseguire le proprie passioni. Per Monicelli, un regista che ama giocare con il cinema, l’importante è sempre stato divertirsi, la meraviglia poi, ogni tanto accade, e non bisogna inseguirla troppo, altrimenti si vive male» racconta Mainetti prima di introdurre la seconda clip, quella di un regista che ha esportato la sua romanità all'estero: «Sergio Leone non si è mai scoraggiato, ha fatto il grande salto lavorando oltreoceano, esportando la sua visione, senza aver mai aver avuto paura di farlo. Aveva la capacità di lavorare su più livelli. La sua era anche una visione libera dalla politica, ma molto politica, perché raccontava la storia degli ultimi», un fil rouge questo degli ultimi che lega i suoi Freaks a Leone: «Sono in ansia, sarete i primi al mondo a vedere otto minuti di film. Lo avrei portato a questa Festa, come ho fatto per Lo Chiamavano Jeeg Robot, ma il film non è ancora finito. Lancio un appello però. Mi hanno sempre detto che il regista non deve mai mettere i soldi nel film. Ecco, diciamo che non sono mai riuscito a seguire questo insegnamento. Tutto quello che ho guadagnato con Jeeg, l’ho messo in Freaks Out, anche quello che non ho. Quindi andate al cinema e salvatemi la vita».

Prima di mostrare in anteprima la prima scena del film, a cui sta ancora lavorando, Mainetti ha raccontato il suo amore spassionato per Steven Spielberg: «Ho sempre voluto fare un tipo di cinema vicino a quello di Spielberg, il mio regista preferito. Io il viaggio fantastico lo porto sul regionale, neanche in un contesto italiano. Il grande potenziale dei personaggi della cinematografia italiana è questo, sono densi di dramma, sanno far ridere e piangere. Quando immaginavo l’approccio al mondo dei supereroi con Jeeg lo pensavo sempre in un contesto definito, sospendendo l’incredulità.

Come reagirebbe un romano alla visione di un alieno? E come reagirebbe nello specifico uno di Roma Nord rispetto a uno di Roma Sud? Questo è il nostro valore aggiunto, aver la possibilità di dare a ognuno di loro sfumature così diverse».

Ha proseguito Mainetti: «Amo Spielberg perché racconta spesso la storia che non è riuscito a superare da quando è ragazzo, quella della separazione dei suoi genitori. Lo fa in ET - L’Extraterrestre, che mi piace pensare sia il primo film che ho visto al cinema, ma anche ne La Guerra dei Mondi, in cui racconta un padre che deve imparare a combattere le difficoltà della vita in un mondo cambiato dall’11 settembre. Spielberg però non potrebbe mai portare sullo schermo  un coatto, perché con il suo cinema ha sempre portato sullo schermo il coatto che si prende sul serio».

Dai coatti di borgata di Lo Chiamavano Jeeg Robot ai fenomeni da baraccone di Freaks Out e del Circo Mezza Piotta. I primi otto minuti di Freaks Out, proiettati in anteprima mondiale, sono una promessa di puro intrattenimento e spettacolarità, in cui lo spettatore dovrà ricordarsi più volte di essere davanti a una pellicola italiana, e non americana. 

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