Bogdanovich fa rivivere l’eleganza e l’allegria delle grandi commedie

Bogdanovich fa rivivere l’eleganza e l’allegria delle grandi commedie
di Fabio Ferzetti
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Sabato 30 Agosto 2014, 13:03 - Ultimo aggiornamento: 13:04

Una commedia romantica sul desiderio e i suoi labirinti, in cui perdersi pu essere bello quanto pericoloso. Un omaggio al miglior cinema di una volta. Una pochade moderna e sfacciata. Ma soprattutto la resurrezione di un grande sfortunato e troppo spesso dimenticato come Peter Bogdanovich, il raffinato regista-critico-cinefilo che dopo aver intervistato tutti i miti del cinema classico (Welles, Ford, Hawks...) ha diretto film pensosi come L’ultimo spettacolo e commedie irresistibili e malinconiche come Ma papà ti manda sola, Paper Moon, E tutti risero, per poi finire ai margini del sistema.

Dove sono andati a recuperarlo due campioni del miglior cinema di oggi, Wes Anderson e Noah Baumbach, producendogli il film più apprezzato in assoluto finora alla Mostra, anche se fuori concorso: She’s Funny That Way, un “veicolo” perfetto per la grazia e il talento dell’inglese Imogen Poots, qui nei panni di una call girl di inossidabile innocenza che ricorda molto la Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany. Anche se l’invenzione più esilarante è quella del suo benefattore Owen Wilson, un regista teatrale e collezionista benefico di escort («sono, come dire... “femminista”?»).

Un piccolo vizio innocente, anzi per molti versi encomiabile (non possiamo spiegare come) che però provoca conseguenze imprevedibili quando Wilson arriva a New York per provare uno spettacolo con sua moglie e il vanesio divo inglese Rhys Ifans (assolutamente superlativo). Perché la migliore candidata al ruolo della protagonista, naturalmente una escort, si rivela essere proprio la ragazza con cui ha appena passato la notte. Ed è solo l’inizio di una baraonda di equivoci e coincidenze diretta con gusto e tempismo perfetti in cui entreranno una psicoterapeuta irritabile (Jennifer Aniston), uno sceneggiatore ingenuo (Will Forte), un giudice innamorato (il veterano Austin Pendleton), un vecchio detective imbranato, e un paio di cani di taglia assai diversa, come nelle grandi commedie svitate di Hawks e compagni.

E tutto con una leggerezza e una gratuità che sfiorano l’inconsistenza ma rendono ancora più irresistibile il gioco dei dialoghi e delle gag cesellate da regista e interpreti con una complicità che scalda il cuore. Charles Boyer, Jennifer Jones e il sommo Lubitsch sentitamente ringraziano. Ma per scoprire perché bisogna vedere il film.

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