Arriva “Smetto quando voglio. Ad Honorem”, si chiude la saga

"Smetto quando voglio. Ad Honorem"
2 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Novembre 2017, 22:32 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 18:12
Con “Smetto quando voglio. Ad Honorem” di Sydney Sibilia, in sala dal 30 novembre con 01, si chiude la fortunata trilogia che ricorda un “Ocean's Eleven” all'italiana con protagonisti accademici precari pieni di congiuntivi e formule matematiche. Per il talentuoso regista salernitano, alla sua opera prima e trina, lo scoglio dell'opera seconda a venire è sicuramente un problema: «Non so che farò  so solo che non sarà un film corale».
Intanto la terza parte, che passerà in anteprima al Torino Film Festival, non delude. Tutto inizia con questa frase:
«Sopox è la formula del gas nervino. Ecco a cosa gli serviva un cromatografo. Sto pazzo si è messo a sintetizzare del gas nervino».

Il pazzo in questione è il chimico Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio) pronto a fare una strage nel cuore di quell'università che ha reso delinquenti i suoi talentuosi precari. Ma il neurobiologo Pietro Zinni (Edoardo Leo), in
carcere con tutta la banda, non starà con le mani in mano . La gang (composta da Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Pietro Sermonti, Marco Bonini e Giampaolo Morelli), si riunisce così un'ultima volta per affrontare il cattivo più cattivo di sempre. Ma non possono farcela da soli, avranno bisogno del loro nemico storico, l'ingegnere navale dal viso sfigurato detto Murena (Neri Marcorè). Con lui dovranno evadere da Rebibbia per anticipare le mosse di Mercurio e la strage che sta per fare.

Nel cast anche: Rosario Lisma, Greta Scarano, Valeria Solarino e uno straordinario cameo di Peppe Barra nel ruolo di un direttore di carcere melomane.
«Dopo sei anni e tre film - spiega Sibilia, classe 1981 - c'è in me una grande nostalgia. In questo momento storico tutto è cambiato tranne per i ricercatori universitari». Echi di nostalgia anche per Edoardo Leo («E' stato per me un
investimento umano durato quattro anni e ora provo una certa commozione») e Stefano Fresi: «È stato un po' come stare al liceo. Mi mancheranno tutti quelli della banda e non solo».
Infine Peppe Barra racconta: «Affronto il cinema come un'avventura, ma la mia vita sarà sempre il teatro. Va detto che ho conosciuto direttori di carcere durante la mia infanzia a Procida, ma non erano certo come quello che interpreto in questo film, ovvero un poeta amante del teatro».


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA