Regionali Marche, vince Ceriscioli del Pd. Il 5 stelle Maggi secondo. Crolla Spacca

Regionali Marche, vince Ceriscioli del Pd. Il 5 stelle Maggi secondo. Crolla Spacca
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Lunedì 1 Giugno 2015, 07:52 - Ultimo aggiornamento: 08:07
Luca Ceriscioli vince, seguito dal candidato del Movimento 5 Stelle Gianni Maggi e da quello di Fdi-An Francesco Acquaroli. Crolla invece l'ex presidente Gian Mario Spacca, ex Pd, che ha cambiato schieramento prima delle elezioni puntando su Forza Italia e si è candidato per la terza volta dopo avere rotto con il centrosinistra. Quarto a grande distanza il candidato di Altre Marche-Sinistra Unita Edoardo Mentrasti.



Così le Marche chiudono la lunghissima pagina di Spacca alla guida della Regione, presidente per due mandati dal 2005, assessore o vice presidente nei dieci anni precedenti. Cambia il presidente, non la coalizione, un centrosinistra formato da Pd e vari cespugli raccolti in due liste, una laica (Verdi, Psi, Idv, civiche), l'altra popolare (Udc-Popolari Marche).



Ceriscioli, 49 anni, ex sindaco di Pesaro e insegnante di matematica che si definisce «un semi-professionista della politica», coglie l'obiettivo e supera il 41% che assicura alla sua coalizione il premio di maggioranza di 18 consiglieri sui 30 più lui del nuovo Consiglio regionale delle Marche.



A seguire, con molto distacco, exploit del candidato del Movimento 5 Stelle Gianni Maggi con il 21,8% dei voti, tallonato da Francesco Acquaroli, il sindaco quarantenne di Potenza Picena, con quasi il 19%.



«La linea della chiarezza paga, e non quella del sostegno ai voltagabbana» commenta su twitter il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni.



Spacca, alla testa di una coalizione formata da Marche 2020 Area Popolare, Forza Italia e Democrazia Cristiana, resta al palo, anche se i pronostici della vigilia lo vedevano testa a testa con Maggi come miglior perdente: è solo quarto con il 14% dei consensi, dopo una campagna elettorale in cui vari big nazionali come il ministro Maria Elena Boschi e lo stesso premier Matteo Renzi lo hanno

accusato di avere «cambiato casacca» e di «essere attaccato alla poltrona».



In nottata, con un comunicato, prende atto del risultato delle urne. «Il dato elettorale indica che il nostro progetto per le Marche non è entrato nel cuore dei marchigiani, come avremmo sperato» dice. Eppure, quel progetto doveva essere un «modello da esportare in tutta Italia», caldeggiato da Gaetano Quagliariello e da Ncd, l'approdo sul territorio di Area Popolare. Ma la formazione centrista di Spacca ha raccolto solo il 3,92% e Forza Italia il 9,43%.



Dopo l'ex governatore viene Mentrasti, con una formazione che raccoglie Sel, Pdci, Rifondazione e altre sigle di sinistra, con il 3,97% dei voti.



Rivoluzionato il Consiglio regionale marchigiano: i tre maggiori partiti saranno il Pd (che dovrebbe esprimere 15 consiglieri), M5s e Lega. Sullo sfondo, ma incombente, l'alto tasso di astensionismo: l'affluenza alle urne si è fermata al 49,7%, quasi 13 punti in meno rispetto alle regionali del 2010, in pratica un marchigiano su due non è andato a votare.



«Ora le Marche hanno un presidente, una maggioranza e un programma di governo preciso», ha detto Ceriscioli. Per lui il messaggio è chiaro: i marchigiani hanno voluto cambiare e cambiamento» è stata la parola d'ordine della sua campagna elettorale, «e in questo siamo dentro una linea nazionale».



Quanto all'exploit del Movimento 5 Stelle con Maggi, che entrerà in Consiglio regionale come miglior perdente, e che ha avuto uno dei migliori risultati a livello nazionale, «nessuna preclusione, ci confronteremo nell'Assemblea sulle proposte e le cose concrete. No, però, a una politica che cavalca lo scontento, ai politici che vanno sui tetti. Se si vuole ragionare sulle cose, noi ci siamo».



Come priorità, il governatore eletto indica «l'abbattimento delle liste di attesa, un modo per dare un segnale concreto e per accorciare la distanza tra politica e cittadini». Tra i fattori del suo successo, «la ritrovata unità del Pd» dopo mesi di diatribe interne, culminata nelle primarie che hanno portato alla sua designazione, «facendomi riandare via un'altra volta dalla mia professione di insegnante», dopo i due mandati come sindaco di Pesaro.



Proprio alla sua esperienza come primo cittadino attribuisce un valore aggiunto «è la prima volta di un sindaco in Regione, con tutta la concretezza che questo mestiere comporta» dice. Anche per questo Ceriscioli ritiene che il rigore e la sobrietà non bastino, «bisogna dare risposte alla gente e ricostruire un rapporto di fiducia tra governo e cittadini».

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