Londra, apre il primo ristorante in 3D: il cibo fatto con una stampante. A ottobre anche a Roma

Il cibo realizzato con la stampante 3D ph FoodInk
di Luisa Mosello
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Venerdì 29 Luglio 2016, 17:13 - Ultimo aggiornamento: 2 Agosto, 16:58

La tecnologia in un boccone. Ovvero: quando il futuro entra in cucina e apre le porte anzi la dispensa all’hi tech. Accade a Londra dove ha aperto il primo ristorante pop up in 3D: FoodInk in cui tutto, il cibo, i bicchieri, i piatti, le posate e i tavoli, è realizzato con le stampanti 3D. Che per le loro mille potenzialità sono state applicate finora a diversi settori, dal campo medico a quello del design, ma mai all’alta gastronomia. Cosa che suscita non poco stupore fra chi da un pranzo o una cena si aspetta gusto, qualità e certo anche sperimentazione, ma di fronte a tali novità rimane perplesso. O solamente s-piazzato, letteralmente…mangiando.

I  piatti in questione, serviti nel locale londinese sono il risultato di un mix fra ingredienti classici e prodotti della cucina molecolare. L’inedito menù è stato proposto per il momento solo per tre giorni  e solo a una decina di fortunati commensali. Che hanno potuto assistere all’evento pagando 264 euro a testa di nove portate “cucinate” in diretta con un marchingegno davvero prodigioso. Ovvero una stampante speciale realizzata dalla compagnia byFlow (che nel 2014 creò Focus, la prima stampante portatile 3D multi-materiale ) e caricata non con la resina ma con ingredienti “freschi”. Dalle verdure ai grassi dalle farine alle carni la particolarità di questo sistema è unire i prodotti e metterli nel piatto, con forme difficilmente riproducibili da un essere umano.

 La cena tecno-gourmet, ideata dai master chef Joel Castanye e Mateu Blanche, provenienti dai ristoranti stellati La Boscana in Barcellona e elBulli a Londra, si è svolta al  Dray Walk in Storeditch, nel cuore del distretto creativo e hi-tech della capitale britannica. Ed è stata definita “un’esperienza gourmet unica… dove la cucina incontra l’arte, la filosofia e le tecnologie del futuro”.

Il piano dell’azienda è di espandere i propri ristoranti 3 D da Londra in altre città del mondo: da Berlino a Dubai, da Seoul a New York. In Italia il locale itinerante dovrebbe essere a ottobre a Roma e poi a Torino.

Lo chef Fabio Tacchella, consigliere della Federazione Italiana Cuochi, oltre che esperto di nuove tecnologie di cottura e lavorazione degli alimenti, ha commentato così questa nuova tendenza: «La trovo un'iniziativa molto interessante. Avevo già sentito parlare di stampanti 3D per il settore food, ed è incredibile che siano riusciti ad aprire un intero ristorante incentrato su questo nuovo format. Ovviamente è una scelta più che giusta, perché la novità attrae sempre, bisognerà però aspettare per capire quale sarà la risposta del pubblico, anche a lungo termine. Ma come la nouvelle cuisine e dopo di questa la cucina molecolare, anche questa tecnica “alle stampanti”, invece che hai fornelli, può dare spunti positivi e interessanti al settore della ristorazione».

«Le possibilità di sviluppo di questo format sono infinite- ha continuato Tacchella- l'importante è che non ci siano tentativi di stravolgere tradizioni ben radicate, a partire da quella italiana. Non sarebbe corretto chiamare, ad esempio, Amatriciana un piatto realizzato con prodotti differenti da quelli tradizionali, solo perché sono più adatti alle stampanti. Bisogna sempre stare molto attenti che queste innovazioni non si scontrino con le tradizioni. D'altra parte però noi cuochi potremo attingere da queste tecnologie, servendocene per esaltare i nostri prodotti e migliorare i nostri piatti, sia nell'estetica che nel gusto. Dopotutto è stato così anche per la nouvelle cuisine: prima poco considerata, poi conosciuta e osannata in tutto il mondo; ci ha insegnato tecniche che hanno contribuito a portare la cucina italiana al top. Potrebbe essere lo stesso anche con questo nuovo format»


 

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