L'arbitro internazionale Maria Beatrice Benvenuti: «Ho sofferto per l'aggressione, ma il rugby vince i pregiudizi»

L'arbitro internazionale Maria Beatrice Benvenuti: «Ho sofferto per l'aggressione, ma il rugby vince i pregiudizi»
di Maria Beatrice Benvenuti
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Mercoledì 8 Marzo 2017, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 20:23
Di sicuro il fatto di essere donna, e in Italia, non mi ha avvantaggiata in quello che ho voluto fare fin da ragazza, ma al tempo stesso è stato avvincente superare una difficoltà dopo l'altra per diventare arbitro internazionale di rugby, in un ruolo e in uno sport che, insomma, vengono ancora declinati da molti solo al maschile. Senza motivo, perché poi le azzurre, bravissime, vincono più partite degli azzurri. E adesso è davvero una grande soddisfazione vedere che tante ragazze italiane stanno inseguendo questo mio stesso sogno che mi ha portato ad arbitrare prima ai Mondiali in Francia e quindi ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro, unica rappresentante della Federazione italiana rugby, maschi compresi.

Anche per questo sono molto felice di affrontare un'ulteriore sfida in un ambito che non vede troppe donne in campo: DMax mi ha chiesto di commentare in tv le regole del rugby, comprese quelle più complicate a partire dal fuorigioco. Lo avrete sentito dire più volte – purtroppo – che certe cose le donne non le capiranno mai. Invece dopo ogni trasmissione mi arrivano lettere e messaggi di ringraziamento proprio da parte di donne: “Finalmente qualcuna che senza pregiudizi ci aiuta a diventare parte di un mondo bellissimo. Basta avere un po' di pazienza e spiegare”.

E sì, l'8 marzo, è meglio continuare a celebrarlo in Italia, meglio di niente perché in realtà sarebbe giusto ricordarlo ogni giorno: in certi ambiti sono ancora tante le difficoltà riservate alle donne che pure continuano a essere compagne e madri anche andando nello spazio o dirigendo il Cern. Arbitrare maschi e femmine che giocano a rugby mi ha poi permesso di girare il mondo e di vedere come certe discriminazioni siano per fortuna in calo, ad esempio in Inghilterra e in Canada. E di vedere come lo sport possa aiutare le donne a rivendicare i loro diritti, come nei paesi arabi. In Australia sono avanti tantissimo: hanno fatto i contratti da professioniste alle giocatrici di rugby inserendo anche il diritto alla maternità retribuita, il che ha portato alla revisione dei moduli fino ad allora scritti solo per i maschi.

E' sempre una questione di rispetto, come quello dovuto all'arbitro che noi donne, almeno all'inizio, fatichiamo un po' di più a ottenere nonostante il rugby resti uno sport segnato da una grande educazione. E' per questo che di recente ho sofferto tanto, non solo fisicamente, per l'episodio di Padova (un giocatore, poi radiato dalla Federugby, durante un match l'ha aggredita alle spalle rischiando di causarle gravissimi danni alla schiena, ndr): in questo caso non c'entra essere donna o uomo, c'entra il fatto che nel rugby queste cose non accadono mai. Ma mi conosco: non so quando, non so come, ma perdonerò quel giocatore.

* 23 anni, il più giovane arbitro internazionale di rugby nella storia del rugby, romana, laureata in Scienze motorie
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