Belli al di là delle disabilità, l'appello di una blogger: condividete le vostre foto su Twitter

Una delle immagini postate dalle giovani disabili con l'hashtad #DisaBodyPosi
di Giulia Aubry
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Lunedì 30 Novembre 2015, 15:11


«La gente mi dice: a guardarti in faccia non sembri disabile. Perchè come dovrebbe essere il viso di una disabile?».

Questo è solo uno degli oltre 20mila tweet che dal 25 novembre stanno invadendo il social con l'hashtag #DisaBodyPosi. A lanciarlo una giovane blogger disabile @IsaJennie che ha voluto così "celebrare" i corpi segnati dalle malattie o dagli incidenti.

E migliaia di giovani di ogni parte del mondo hanno risposto al suo appello superando le proprie difficoltà a mostrarsi, felici di poter condividere un modo di essere, diverso ma non meno bello, non meno capace di dare un contributo di possibilità, sensibilità, intelligenza e - dunque - bellezza all'intera collettività.



C'è Kayoncé Kringle, sedicenne di colore, che svela di aver avuto sempre difficoltà a postare foto a figura intera. La ragazza ha un viso bellissimo che mette in mostra nel profilo e in altre immagini condivise, ma adesso ha deciso di mostrare anche la sedia a rotelle e quelle gambe che non le permettono di muoversi liberamente come altri suoi coetanei.



C'è TJ, anche lei costretta su una sedia a rotelle a causa della spina bifida, che ha pubblicato le foto mentre gioca a basket. C'è knuckle.pug che ha la distrofia muscolare e mostra, in un collage, di immagini, un suo primo piano, una foto di spalle sulla sedia a rotelle nel vialetto di casa, la sua schiena percorsa da una lunghissima cicatrice che segue l'intera spina dorsale. Tra una miriade di emoticon Alexa proclama il proprio amore per la vita. Un amore che non è finito neanche quando era paralizzata e intubata in un letto di ospedale. Oggi è su una sedia a rotelle, sorridente. Ha conseguito il diploma, esce con gli amici, fa le maratone. C'è chi ha un cromosoma di troppo, chi vive solo grazie a un ventilatore, chi è affetto da disformia, chi è nato senza un braccio, chi ha perso le gambe, chi è epilettico, chi è sordo. Sorridono tutti. Anche nei letti di ospedale. E celebrano la loro diversità proponendo al mondo una versione diversa di loro stessi, di persone che non vogliono essere commiserate o compatite. Vogliono solo essere riconosciute come persone.



A #DisaBodyPosi si è aggiunto anche un altro hashtag #MentalHealthPosi che era già stato lanciato questa estate da un'utente Twitter di 17 anni. Ragazzi autistici, depressi, con disturbi da stress post traumatico, crisi di ansia, gravi disturbi dell'attenzione, alcuni con uno o più tentativi di suicidio alle spalle. Qualcuno, soprattutto fra questi ultimi, fa più fatica a esporsi, a mettersi in gioco. Ma tutti vogliono mandare un messaggio ai tanti che, come loro, vivono la differenza per una malattia fisica o mentale e si sentono soli, si sentono abbandonati, si sentono messi da parte.



A loro #DisaBodyPosi e #MentalHealthPosi vogliono raccontare storie positive, vogliono "celebrare" una condizione con la quale non solo si può imparare a convivere (e a far convivere le persone che sono loro attorno), ma che - soprattutto - è portatrice di "grande bellezza". La grande bellezza di quella vita che merita di essere tale anche quando, come dice una delle ragazze che ha entusiasticamente aderito all'iniziativa, «non tutte le mie ossa sono sviluppate nella maniera corretta, ma io sono bella lo stesso». E bella lo è davvero. Senza alcun bisogno che qualcuno la compatisca o glielo dica solo per farle un piacere.