Milano, Kowa il ristorante panasiatico: Il must? Degustazioni to share

Il ristorante Kowa di Milano
di Rita Vecchio
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Giovedì 22 Febbraio 2018, 20:30 - Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 10:15
Cracco chi? A Jeff Tyler non chiedete di chef italiani perchè non li conosce ancora. A differenza di cacio e pepe, pizza, che conosce alla grande. Lo chef neo zelandese, per anni executive di Novikov a Londra, è appena sbarcato a Milano trascinato dal giovanissimo imprenditore Andrea Reitano. E dal loro sodalizio, nasce il nuovissimo panasiatico Kowa.

Tende rosse. Pareti dalle geometrie a vetri. Lampade bianche oriental style. Una statua cinese. E poi velluti, fiori e tanta eleganza. Ma soprattutto, una cucina orientale di alta qualità, materie prime per la maggior parte italiane e una scelta di piatti per tutti i gusti e tasche. La location di freschissima inaugurazione (per ironia della sorte, apre i battenti nello stesso giorno di Cracco in Galleria da cui non è proprio così distante) è all’interno della lussuosa FiftyHouse (via Benevenuto Cellini, zona Cinque Giornate) nel centro della città e c'è chi scommette che diventerà il nuovo punto di ritrovo culinario della città della moda. 

Non a caso il nome: «Ko-wa è l'insieme di due parole e significa spirito di squadra. Quello che accomuna me e lo chef» spiega Andrea Reitano, 24 anni, che da Roma, dove è cresciuto, parte per Londra per studiare inglese due mesi e invece di rientrare decide di aprire l’Osteria Romana nel quartiere di Knightsbridge. «Kowa è anche tumulto nel senso positivo del termine. Quello che vogliamo fare in cucina. Ho sempre avuto una passione enorme per il cibo, fin da piccolo. Ho portato la cucina romana a Londra. E ora porto quella panasiatica a Milano». 
 
 


Un menu che abbraccia 65 piatti tra tempure, special sushi, robata e carpacci, mettendo pace tra le richieste di tutti, dalle più esigenti a quelle più low profile. Il pesce è l’ingrediente più usato. Ma immancabile è la Wagyo, la pregiata carne giapponese, e le verdure. E poi piatti a base di tartufo e con le uova di quaglia. Così in carta si possono trovare, la Miso Black Cod (Merluzzo carbonaro dell’Alaska), Fois Gras di Tonno, Ravioli scottati con gamberi e spezie, il Galletto con salsa piccante su crema di Sedano Rapa. E tre percorsi di degustazione nell’ottica del “to share” inglese. «Una selezione di portate al centro del tavolo. Perchè credo molto che la condivisione dei sapori dei commensali renda migliore la cena», dice lo chef. Il tutto per 90 coperti, che diventano 160 in estate nello splendido giardino esterno. E una cantina che conta un centinaio di etichette, dai 20 euro ai grandi vini italiani e chateau francesi. 

«Per me è un onore lavorare in sinergia con un ragazzo italiano - dice lo chef che ha iniziato a cucinare a 14 anni e che a 18 vende tutto pur di comprarsi un biglietto per il Giappone dove impara tecniche e segreti della cucina che diventerà il suo cavallo di battaglia - Con Kowa faccio un passo in avanti. Ho lasciato  Londra per l’Italia dove c’è la cucina madre di tutte le culture, quella che tutti gli chef del mondo dovrebbero conoscere». Così il suo braccio destro è l’italianissimo chef Luca Rossi. «Nel mio menu non troverete di certo gli spaghetti al pomodoro o la carbonara. Ma gli eccellenti prodotti italiani con cui preparo i piatti, sì».
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