Vulci, scoperta tomba intatta di 2600 anni: sorpresa tra profumi e urne misteriose

Rinvenuto un corredo di vasi dalle forme rarissime

Vulci, scoperta tomba intatta di 2600 anni: sorpresa tra profumi e urne misteriose
di Laura Larcan
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Mercoledì 19 Luglio 2023, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 09:20

 I blocchi di tufo disegnano i contorni di una porta sigillata da 2600 anni. Intatta, mai violata dalla mano avida dei  tombaroli. I gradini scavati nel canyon della Necropoli dell'Osteria alle porte della potente e gloriosa città etrusca di Vulci scendono ad oltre tre metri. L'emozione riempie l'aria. Il sudore fa riverberare le mani e le fronti degli archeologi che manovrano le lastre. Carlo Casi, archeologo e alla guida della Fondazione Parco archeologico di Vulci usa la sua personale cazzuola per rimuovere la terra lungo le lastre. Il silenzio avvolge l'area. Solo il drone ronza intorno ai caschetti degli archeologi per registrare effettuare i rilievi tecnici. Grumi di terra si muovono. I blocchi sono troppo pesanti per essere rimossi con la forza di due braccia. Si lavora in gruppo. Poi la luce.

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Tomba etrusca aperta per la prima volta dopo 2600 anni

«La tomba è intatta, il corredo è integro, così come è stato lasciato dai vulcenti 2600 anni fa», esclama Carlo Casi.

Lo spettacolo è una istantanea su una sepoltura di ricchi abitanti di Vulci, quando ancora la città teneva testa alla Roma dei Re. Il corredo offre sorprese insolite per una tomba etrusca.

Quasi un mistero: «Per la prima volta abbiamo trovato una particolare urna formata da un'olla, un vaso dal corpo circolare, chiuso eccezionalmente da una ciotola in bronzo capovolta, quasi a dare all'urna una forma antropomorfa», racconta Carlo Casi.

Vasi, brocche, piatti, bicchieri, e ossa umane: tutto è disposto in modo quasi ordinato sul pavimento, al lato della banchina funeraria. «Probabilmente siamo di fronte ad una doppia sepoltura. L'urna potrebbe contenere le ceneri di un defunto, ma la presenza di osse umane fa supporre la presenza anche di un inumato...le analisi che faremo a breve nei nostri laboratori ci daranno indicazioni precise», commenta Casi.

Accanto all'urna, altri reperti colpiscono gli occhi degli archeologi. Un grande bacile in ceramica con vistose anse contiene al suo interno due balsamari, splendidi porta profumi e unguentari di fattura etrusco-corinzia. Intatti. «Di solito nelle tombe etrusche i bacili contengono all'interno ossa animali e resti di cibo, in questo caso invece spiccano i due balsamari come se nella cerimonia funebre si offrissero essenze profumate per accompagnare il defunto», riflette Simona Carosi, l'archeologa responsabile della zona per la Soprintendenza dell'Etruria meridionale del Ministero della Cultura.

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La tomba dei balsamari offerti

Una suggestione forte, tant'e' che gli archeologi hanno pensato di nominarla come "Tomba dei balsamari offerti". Non solo. Altra particolarità è la disposizione dei vasi sul pavimento in base alle funzioni. Davanti, sfilano quelli in ceramica di impasto per contenere cibi secchi del pasto, in fondo si riconoscono i vasi in bucchero usati per bere e contenere liquidi. Quasi una disposizione di interi servizi. Ciotole, brocche, calici, piatti. Una sorpresa, l'ennesima, per la Necropoli dell'Osteria di Vulci, la potente città etrusca che dominava l'economia del Mediterraneo nel primo millennio avanti Cristo. Molto prima di Roma.

Pensare che il terzo re di Roma Servio Tullio secondo la tradizione aveva un legame genealogico con Vulci. «La diffusione di ceramiche greco-attiche qui a Vulci era superiore a quella presente nella stessa Grecia - spiega Simona Carosi - Sta a significare che la committenza vulcente influenzava addirittura la produzione di vasi attici». La suggestione è forte. «È importante trovare tante ossa umane ora - aggiunge Carlo Casi - possiamo ricostruire la storia del sepolto e aumentare la conoscenza degli abitanti di Vulci».

Tra i vasi si scorge una fibula in bronzo. Le operazioni continuano. Vengono rimossi gli ultimi massi di tufo.  Il caldo si fa più pressante. Ma Vulci regala anche qualche folata di vento. E si nota una ulteriore particolarità. La porta di lastre di tufo svela piccoli tasselli di palombino, un materiale di travertino, usato come zeppe per sigillare perfettamente il varco. «Potrebbe essere un rituale - riflette Simona Carosi - la scelta di un materiale differente dal tufo, che era poi quello usato nelle sepolture più antiche della città, fa pensare alla volontà della famiglia del defunto di richiamarsi agli antenati di Vulci».

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