Alcuni effetti collaterali, dopo aver ricevuto un vaccino mRNA Covid-19, possono essere il "segno" che il sistema immunitario stia acquisendo una marcia in più contro il virus. Tuttavia la mancanza di reazioni non significa che il sistema immunitario non abbia risposto. E' questo l'esito di uno studio condotto su 206 dipendenti di un ospedale in nord America prima e dopo aver ricevuto il vaccino da Pfizer e BioNTech. Il dolore al braccio era il sintomo più comune, riportato dal 91% dopo la prima iniezione e dall'82% dopo la seconda. Sintomi sistemici, come sensazione di debolezza o stanchezza o dolori muscolari, sono stati riportati rispettivamente dal 42% e dal 28% dopo la prima puntura e dal 62% e 52% dopo la seconda.
Vaccino, dolori e anticorpi
Ma non c'era alcuna correlazione tra la gravità dei sintomi del vaccino e i livelli di anticorpi un mese dopo la vaccinazione. I ricercatori hanno affermato che i risultati dovrebbero rassicurare le persone sul fatto che la mancanza di effetti collaterali, dopo aver ottenuto il vaccino, non si traducono in un mancato funzionamento del farmaco.
Lack of side effects doesn't mean mRNA vaccine not working —researchershttps://t.co/raKUkd6trY
— GMA News (@gmanews) July 3, 2021
Nei rari casi di COVID-19 che si verificano dopo la vaccinazione, è probabile che i pazienti si ammalino per meno tempo e presentino sintomi più lievi rispetto a quelli non vaccinati, secondo uno studio statunitense che ha coinvolto 4.000 operatori sanitari.
Nel 20% delle famiglie in cui i componenti avevano contratto il COVID-19 si è scoperto che anche cani e gatti avevano sviluppato anticorpi contro il virus, come emerge da una ricerca olandese. I ricercatori hanno visitato 196 famiglie che erano risultate positive nei precedenti 200 giorni. Tredici animali – sei gatti e sette cani – o il 4,2%, avevano COVID-19 e 54 – 31 gatti e 23 cani (17,4%) – avevano anticorpi contro il coronavirus. Non c'erano prove che gli animali si trasmettessero l'infezione l'un l'altro. «La preoccupazione principale, tuttavia, non è la salute degli animali... ma il potenziale rischio che gli animali domestici possano fungere da serbatoio del virus e reintrodurlo nella popolazione umana», ha spiegato il dottor Els Broens dell'Università di Utrecht.