Paternità, se sale l'età la fertilità è a rischio

I dati Istat indicano che in Italia si diventa papà mediamente a 35,8 anni

Paternità, se sale l'età la fertilità è a rischio
di Antonio Caperna
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Giovedì 11 Aprile 2024, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 07:41

Diventare papà per la prima volta è un’esperienza che gli uomini italiani continuano a spostare sempre più avanti nel tempo, più di quanto si faccia negli altri Paesi europei. 


I dati Istat indicano che in Italia si diventa papà mediamente a 35,8 anni, mentre in Francia a 33,9 anni, in Germania a 33,2, in Inghilterra e Galles a 33,7 anni.

Un fenomeno sempre più frequente rispetto al passato che riguarderebbe circa il 70% dei nuovi papà italiani: ciò significa che 1 uomo su 3 è ancora senza figli oltre i 36 anni d’età.

Le conseguenze del ritardo della paternità

Una tendenza a ritardare la paternità che non è priva di conseguenze: numerose evidenze scientifiche, secondo la Società Italiana di Andrologia, dimostrano che le caratteristiche funzionali dello spermatozoo peggiorano con l’aumentare dell’età. 
In più i cambiamenti climatici con l’aumento della temperatura globale hanno anch’essi un impatto negativo sulla fertilità maschile, dimostrato dalla riduzione volumetrica dei testicoli nella popolazione generale.

Per questo, gli esperti della Società Italiana di Andrologia puntano i riflettori sull’importanza di anticipare la paternità e, dove non possibile, di preservare la fertilità fin da giovani. «In Italia l’età in cui si fa il primo figlio è aumentata di 10 anni, passando dai 25 anni della fine degli anni ‘90 ai circa 36 attuali.

Un fenomeno che riguarda quasi il 70% dei nuovi papà italiani. Ne consegue che 1 uomo su 3, superata questa soglia, è ancora senza figli.

Questo significa che nel giro di pochi decenni si è passati da una situazione nella quale solo una ridotta minoranza arrivava senza figli all’età di 35 anni, a una nella quale la maggioranza della popolazione maschile rinvia oltre questa soglia anagrafica la prima esperienza di paternità – dichiara Alessandro Palmieri, Presidente SIA e Professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli -. Un accentuato ritardo maschile che può essere imputato a vari motivi di ordine culturale, economico e biologico».

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