Nella galassia delle malattie rare ne esistono alcune che, semplificando un po’, si possono considerare “ultra rare”.
Ne è un esempio il deficit di sfingomielinasi acida (ASMD), storicamente conosciuta come malattia di Niemann-Pick, che colpisce meno di un neonato ogni 150.000. Maurizio Scarpa, direttore del Centro Regionale di coordinamento per le malattie rare del Friuli-Venezia Giulia, spiega: «Si tratta di una malattia da accumulo lisosomiale, vale a dire una patologia legata al deficit di una proteina presente nei lisosomi che dovrebbe degradare la sfingomielina, una sostanza che, se si accumula nell’organismo, diventa tossica».
LA GRAVITÀ
La malattia presenta tre forme con diversa gravità: l’ASMD di tipo A compare nella prima infanzia e colpisce in maniera molto grave diversi organi, tra i quali il cervello e il sistema nervoso centrale.
LA RICERCA
La diagnosi di ASMD si raggiunge attraverso due esami principali: un esame del sangue che misura il livello di attività enzimatica (esame enzimatico) e un esame genetico che si esegue qualora il livello di attività dell’enzima ASM (sfingomielinasi acida) risulta inferiore alla norma. «Se nella forma grave la diagnosi è più semplice a causa della compromissione neurologica – conferma Scarpa – registriamo, invece, ritardi diagnostici di decine di anni per le forme meno gravi e almeno di 10 anni per le forme pediatriche». Spesso, nelle forme meno gravi, una scarsa conoscenza della malattia, porta i medici a confondere i sintomi con quelli di altre patologie tipiche dell’età pediatrica. Una buona notizia arriva dal fronte della ricerca. «Presto anche in Italia sarà disponibile una terapia enzimatica sostitutiva specifica, indicata per il trattamento delle manifestazioni non neurologiche del deficit di sfingomielinasi acida in pazienti in età pediatrica e adulti affetti dalle forme di tipo A/B o di tipo B». A sostenere i pazienti e le famiglie di quanti sono affetti da ASMD è l’associazione Italiana Niemann-Pick ONLUS, presieduta da Alberto Lionello. È proprio lui a rimarcare che, nonostante si possa constatare come il ritardo della diagnosi si sia leggermente ridotto in questi ultimi anni, è ancora una tematica molto attuale sulla quale bisogna ancora continuare a lavorare, sia come associazione che come clinici. Ecco perché continua ad essere importante diffondere e favorire sempre più la conoscenza di queste patologie. «In questo contesto di diagnosi precoce – prosegue – si inserisce poi un altro tema che è lo screening neonatale. Anche questa è una sfida importante per andare incontro ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie; oggi, lo screening viene fatto per altre patologie simili ma che, se esteso ulteriormente, potrebbe rappresentare un grande traguardo e fare la differenza per tante persone».