La medicina sociale si occupa, e preoccupa, della salute della collettività nella sua più ampia accezione.
La guerra è, probabilmente, il fenomeno sociale che mette più a repentaglio il benessere fisico e psichico di una popolazione. Si sente molto spesso parlare dei danni materiali ed economici di un conflitto, perlopiù di perdite in termini di morti o infrastrutture distrutte. La parte dell’orrore più facile da contare, e da raccontare. Ma come poter quantificare i progetti di vita distrutti, le famiglie smembrate, i sogni infranti di persone di ogni età, genere o condizione sociale? Come riuscire a spiegare cosa vuol dire aver perduto tutto? Le conseguenze psicologiche di un evento di guerra sono incalcolabili, ma non per questo meno effettive. Condizione costante di allerta, terrore e privazione, minaccia alla sopravvivenza, violenza direttamente subita o anche solamente osservata: chi viene coinvolto in un conflitto, anche quando rimane illeso nel corpo, manifesta nella maggior parte dei casi ansia, depressione e stress post-traumatico, e tali sintomi tendono ad aggravarsi quanto più è duratura l’esposizione al fenomeno.
Un caso particolare è quello delle donne: la violenza di genere, compresa quella sessuale, è uno strumento di guerra brutale e diffuso, anche se spesso invisibile alla cronaca a causa della vergogna e della paura delle vittime.