Covid, studio Enea-Tor Vergata: L'inquinamento attrae la proteina Spike del virus Sars Cov-2

La ricercatrice Caterina Arcangeli: interazione forte per i glicani della proteina del virus

Covid, studio Enea-Tor Vergata: L'inquinamento attrae la proteina Spike del virus Sars Cov-2
di Paolo Travisi
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Giovedì 14 Dicembre 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:17

Tra la proteina Spike, responsabile del virus Sars-Cov-2, e il particolato atmosferico, noto come PM2.5, esiste una forte attrazione.

A scoprirlo i ricercatori di Enea e dell’Università Tor Vergata di Roma, attraverso simulazioni di dinamica molecolare, eseguite con il supercalcolatore Cresco6. L’esperimento è stato realizzato prelevando il particolato a Bologna, nell’inverno 2021. «Nella fase iniziale della pandemia la Lombardia e l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente rispetto al resto del Paese, una delle zone più inquinate d’Italia e ciò ha portato a ipotizzare un ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus», dice Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea del Laboratorio Salute e Ambiente, coautrice dello studio.

E qual è il suo parere?

«Quanti vivono in contesti molto inquinati sono più fragili perché respirano un’aria ricca di particolato, che può attivare risposte pro-infiammatorie dell’apparato respiratorio, sottoponendo l’organismo a stress costante.

Per rispondere con base scientifica alla possibilità che il particolato atmosferico possa svolgere un ruolo attivo nella trasmissione del virus, abbiamo verificato che fossero soddisfatte determinate condizioni».

Quali?

«Il particolato atmosferico, incontrando il virus, deve agganciarlo fisicamente, creare un’interazione diretta che deve rimanere stabile per un periodo abbastanza lungo, fino ad incontrare un soggetto umano da infettare; e per infettarlo deve essere capace di rilasciare il virus nell’organismo».

Che esperimento avete fatto?

«Abbiamo creato modelli molecolari ed eseguito simulazioni di dinamica molecolare, usate nell’industria farmaceutica. Ci siamo avvalsi del supercalcolatore, abbiamo calcolato la dinamica dell’interazione di oltre 3 milioni di atomi che compongono in parte un frammento di particolato atmosferico e la proteina Spike».

Il risultato?

«Le simulazioni hanno mostrato che i glicani sulla superficie della proteina Spike, hanno un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato, mediando il contatto diretto con la superficie del nucleo di carbonio del PM2.5. Il nostro studio ha dimostrato la reale esistenza di una forte interazione tra particolato e virus, un’affinità diretta con energie di legame superiori a quelle tra spike e recettore ACE2, cioè il target biologico delle cellule umane del nostro apparato respiratorio».

Se c’è un’interazione forte, non significa che se un essere umano respira le molecole agganciate, è contagiato?

«Con il nostro studio possiamo dire che c’è un’interazione molto forte, ma ad oggi non si può sostenere che questa attrazione faciliti la diffusione del Covid o il contagio, nessuno lo ha mai dimostrato. Significa che per staccare la proteina Spike dal particolato, serve una forza maggiore nell’organismo umano».

Che tipo di utilità ha lo studio?

«La nostra tecnica di simulazione ha permesso per la prima volta di creare dei modelli di particolato, la cui composizione chimico-fisica è diversa a seconda delle zone che si vogliono studiare. Lo studio può fornire informazioni importanti per elaborare modelli previsionali e permettere alle autorità competenti di definire dei regolamenti di soglia massima di inquinamento, per contrastare l’eventuale diffusione di patogeni».

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