E' la testimonianza del cantautore Roberto vecchioni che si racconta nella veste inedita di paziente e offre uno spaccato di vita personale per lanciare un messaggio: «Bisogna valorizzare la figura del medico di famiglia, quello di una volta, che sa tutto di te e dei tuoi parenti, che ha in mano le certelle di tutti, che non si chiude nella sua torre d'avorio ma vive sul campo, ti segue, si sbatte, va in giro».
«Non dico - aggiunge - che il medico deve essere innamorato del paziente ma non può lasciarlo ad operazione fatta, dargli una cura e poi andarsene. Il medico rimane ancora una figura che cura non solo il corpo, ma l'anima. E le due cose devono essere riportate insieme».
Questa la confessione dell'artista che firma l'introduzione di un libro scritto da due addetti ai lavori, i medici di famiglia Maurizio Bruni e Francesco Carelli “C'era una volta il medico di famiglia”. Il camice bianco, conclude Vecchioni «è soprattutto un artista, ho questa concezione un po' romantica di un professionista che sappia avere intuizioni, e le intuizioni sono artistiche».
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