«I nuovi farmaci contro l'obesità, i cosiddetti agonisti di GLP-1, possono essere considerati una svolta anche nella lotta allo scompenso cardiaco». A parlare è Pasquale Perrone Filardi, direttore della scuola di specializzazione in malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Università Federico II di Napoli e presidente della Società italiana di cardiologia (Sic), che concorda con la scelta di Science di mettere i superfarmaci per perdere peso al primo posto della classifica delle più importanti scoperte scientifiche del 2023.
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Professore, che effetti hanno questi farmaci sul cuore?
«Direi molto importanti. Uno studio recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto su oltre 17mila pazienti in sovrappeso od obesi con malattia cardiovascolare ischemica, ma non diabetici, ha dimostrato che il trattamento con semaglutide, farmaco agonista di GLP-1, una volta alla settimana riduce del 20% il rischio di mortalità cardiovascolare, infarto e ictus rispetto ai pazienti in trattamento con placebo. Il farmaco ha mostrato anche ottimi risultati sull'insufficienza cardiaca a frazione di eiezione preservata, dove ha dimostrato di migliorare la qualità di vita».
Questi effetti dipendono solo dalla perdita di peso indotta da questi superfarmaci?
«L'obesità provoca importanti malattie cardiovascolari e, quindi, già solo la perdita di peso può essere di grande aiuto. Nelle persone obese la probabilità di avere un infarto, un ictus o un evento cardiovascolare fatale aumenta dal 67 all'85% rispetto a chi è normopeso. Ma l'effetto di semaglutide non si ferma qui».
Dove altro arriva?
«Abbiamo evidenze scientifiche solide, secondo le quali farmaci come semaglutide riducono l'infiammazione. È dunque un trattamento che agisce sul profilo infiammatorio che accompagna le malattie cardiovascolari ischemiche e lo scompenso.