Piazza Venezia, i cantieri infiniti oltraggio alla storia della città

di Paolo Graldi
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Giovedì 30 Giugno 2016, 09:42
Si dovrebbe istituire con particolare urgenza una speciale commissione d'inchiesta con i poteri della magistratura e anche di più con un compito circoscritto ma di estrema e delicata importanza: scoprire perché a piazza Venezia la pavimentazione composta dai famosi sampietrini (blocchetti di leucitite), è sempre, dicasi sempre sconnessa, rigonfia, mal assestata, pronta per tendere trappole anche mortali.

Agguati micidiali specie verso i motociclisti che vi si avventurano quando piove e una patina di olio, melma e acqua forma un velo vischioso che manda a gambe all'aria chi tocca i freni. E tuttavia il tema della inchiesta è più generale e grave: perché nella piazza dell'Altare della Patria che con il Campidoglio, la statua del Marc'Aurelio (copia, quella vera al riparo), la scultura della Lupa che allatta i fondatori, quella del balcone e delle adunate oceaniche per i nostalgici e, per tutti, la via che porta al Colosseo, detta non a caso dei Fori Imperiali vi siano cantieri perenni, sempre aperti e mai chiusi, non sempre frequentati dagli addetti.

Il manto in lavorazione è qualcosa che sfida l'infinito, che travolge le regole più elementari dei cantieri preposti alla riparazione di quella vergognosa pista da ciclo cross che è la zona più famosa al mondo, quella da cui parte la misurazione delle distanze e dove duemila e più anni di storia rappresentano il nostro inestimabile patrimonio nazionale, proprietà universale. Perché non ce la facciamo a decidere con che cosa ricoprire la piazza? Perché farci del male, tanto e senza ragione?

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