Quel ceffone atmosferico che diventa una calamità

di Paolo Graldi
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Giovedì 1 Settembre 2016, 09:34
Chi se l'aspettava e lo vedeva arrivare alla apposita applicazione che illustra il meteo in tempo reale, chi lo temeva senza un tetto guardando il cielo oscurarsi improvvisamente, chi viaggiando scrutava con angoscia quel muro nero di nubi pronto a scaricarsi sul proprio viaggio e chi, al solito, si affidava ai proverbi di vulgata popolare. Il temporalone di fine agosto, per qualcuno già avvisaglia di saldi di fine estate, si è scaricato sulla Capitale come un immenso secchio d'acqua sparata da raffiche di vento. Manco a dirlo. La città è andata in tilt. In pochi minuti tutto il repertorio dei disagi da pioggia/alluvione si è dispiegato dal centro storico al Grande Raccordo anulare e, via via, sempre più in là. Un ceffone atmosferico che mette a disagio soltanto a parlarne di questi tempi ben più luttuosi. E tuttavia anche questo è un segno che va iscritto nel corposo libro delle fragilità ambientali che in un attimo si trasformano in calamità piegando e spezzando sistemi di comunicazione, di trasporto, di normale viabilità. Un nubifragio s'abbatte e straccia come una frustata il caldo ancora rovente dell'estate feriale e così ci ritroviamo a dibatterci nella pozzanghera dei luoghi comuni. Nel lamento sfiduciato e irridente c'è del vero: c'è la frustrazione mai combattuta davvero di vivere in una città che conosce se stessa e le sue glorie da più di duemila anni ma che non sa fare tesoro dell'esperienza e si mostra incapace di fronteggiare senza incubi perfino una sgrullata di pioggia. Sarà problematico convincere il tempo meteorologico a soddisfare i nostri desideri di cielo sereno ma intanto potremmo farci bastare gli ombrelli e non sempre lamentare catastrofi. Pardon, questo forse è chiedere troppo.

paolo@graldi.it