Niente tagli, il Campidoglio preferisce l'aumento Irpef

Niente tagli, il Campidoglio preferisce l'aumento Irpef
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 27 Dicembre 2013, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 11:40
​Corsa contro il tempo per evitare il caos dei conti a Roma. E con il pericolo di un ulteriore aumento delle imposte nella citt dove si paga l’Irpef pi alta d’Italia. La decisione del governo di ritirare il Salva Roma, dopo l’intervento del capo dello Stato, rappresenta una doccia gelata per il Campidoglio. Il bilancio 2013 poggia sulle previsioni normative di quel decreto che decade il 30 dicembre e che non sarà più convertito in legge. Ma se oggi il governo, all’interno del Milleproroghe, non approverà le norme fotocopia a favore della Capitale - quelle che inizialmente erano state inserite nel Salva Roma, il decreto 256 del 31 ottobre - si rischia il default. O perlomeno si verifica qualcosa di inedito, visto che il bilancio 2013 è stato approvato su una norma in vigore, ma che dal 30 dicembre cessa di esistere con il decreto 256 che decade. In sintesi: deve essere consentito il travaso di risorse dalla gestione commissariale a quella dei bilanci 2013 (circa 330 milioni di euro) e 2014 (170 milioni).



STANGATA

Inoltre, resta sempre il nodo della possibilità di aumentare l’addizionale Irpef, dallo 0,9 all’1,2, che il Campidoglio ora giudica necessaria, ma che in realtà ha scelto come strategia scartando le alternative proposte in Parlamento: dalla cessione di quote delle municipalizzate pur mantenendo il controllo, ai tagli di spesa. Osserva Alfredo Ferrari, Pd, presidente della Commissione bilancio: «L’opzione sull’aliquota dell’Irpef è necessaria. Non significa che la utilizzeremo, su questo voglio essere molto chiaro, ma come opzione è giusto che sia mantenuta». Ma vediamo le cifre: lo 0,1 di addizionale Irpef per Roma vale circa 50 milioni di euro; il più 0,3 darebbe 150 milioni. E va sempre ricordato che lo 0,5 viene ogni anno usato per ripianare il debito pre 2008. La linea del governo, che sarà messa a punto solo questa mattina, è di riproporre ciò che stava all’interno del Salva Roma originario, anche se c’è chi spinge per confermare solo quelle norme condivise da tutti (e sulla superaddizionale Irpef c’è la contrarietà di Scelta Civica, che anche ieri ha minacciato guerra). Tornerebbe anche la norma che chiede alla Capitale una ricognizione del passivo ormai strutturale (lo squilibrio di bilancio nel 2013 era di 860 milioni, nel 2014 si supera il miliardo) con un piano che su base triennale spieghi come Roma intenda uscire da questa emergenza. Probabile che sia riproposta la norma che vuole una ricognizione del fabbisogno del personale delle municipalizzate («Ma tutto deve essere fatto senza andare all’implosione sociale in questa città», precisa Ferrari) e quella che chiede al Campidoglio di mettere in vendita il patrimonio immobiliare.



LA TRATTATIVA

Per tutta la giornata di ieri il sindaco Ignazio Marino è rimasto in contatto al telefono con esponenti del governo. Se cade il Salva Roma, cade Roma. Ha parlato a lungo al telefono con il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Frequenti i dialoghi con il ministro per i rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, e con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Legnini (che Marino voleva in giunta e su cui è tornato a fare pressioni). Marino sa che il governo ha due strade sulla superaddizionale Irpef: concederla subito come previsto nella versione originale del Salva Roma o attendere il piano di rientro, evitando di approvare una norma che porterebbe nuove fibrillazioni in maggioranza. Hanno già detto no alla stangata Irpef per i romani Lanzillotta e Zanetti, parlamentari di Scelta Civica.

Il sindaco: «In Parlamento, a causa di una serie di emendamenti, è diventato in minima parte un decreto che riguardava il bilancio di Roma e in massima parte riguardava tanti luoghi italiani. Sono assolutamente rispettoso della saggezza del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio che hanno ritenuto che il decreto fosse stato trasformato in un documento diverso da quello originario. Sono preoccupato per il bilancio della Capitale che comunque deve essere chiuso entro il 31 dicembre con delle norme che abbiamo concordato con il governo nazionale perché Roma ritorni nel rigore amministrativo che è doveroso per una Capitale europea». Dallo staff ripetono che Marino non vuole utilizzare l’opzione dell’aumento dell’Irpef, ma ormai in maggioranza sono in molti a dubitare di queste rassicurazioni.
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