Francesca Sanzo, allenatrice di anime: «Donne, per cambiare vita basta scegliere nuove parole»

Francesca Sanzo, storyteller
di Maria Lombardi
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Sabato 4 Marzo 2017, 18:38 - Ultimo aggiornamento: 18:48
A volte il limite è nelle parole. Basta cambiarle per far succedere qualcosa di nuovo e cominciare anche da qui a cambiare vita. Francesca Sanzo l’ha fatto e adesso insegna agli altri - alle donne soprattutto - come rinascere rivoluzionando il proprio vocabolario. Pesava 102 chili, li sentiva sulle gambe e sull’anima, la parola che più le apparteneva era «fallita». Ripeteva a se stessa che non riuscire a dimagrire era un insuccesso troppo grande  e lì restava ferma. Finché non ha deciso di cancellare la parola «fallimento» e sostituirla con «esperienza».

Questa è la «mia storia», si è detta un giorno, «forse per ripartire era lì che dovevo arrivare». Ha perso 40 chili in un anno, ha raccontato nei libri il suo cammino in salita, adesso oltre che digital coach e storyteller è anche un po’ allenatrice di anime. «Ho avuto voglia di condividere le mie strategie e adesso insegno come trasformare i pensieri limitanti in altri che non lo sono più», spiega. «Riflettere su quello che ci blocca, accettare le nostre paure e trovare piccoli motivi per agire il cambiamento è il regalo più bello che, come donne, possiamo fare a noi stesse per vivere qui e ora e bene»». Il 10 marzo, nella settimana della festa della donna, Francesca Sanzo, bolognese, 43 anni,  parlerà proprio di questo in un workshop a Roma dal titolo «Mut-azioni» organizzato da Work Wide Women e Donne A Lavoro Onlus (Accademia L’Orèal, piazza Mignanelli). 

Tutto dipende da come ci raccontiamo, dal nostro storytelling. Qualche esempio per modificare la propria mappa di parole e tutto il resto. Non dire «paura», meglio parlare di «ansia positiva», quella che non blocca ma porta a fare meglio. Cancellate dal vocabolario «inadeguatezza» e parlate piuttosto di «desiderio di migliorare». Un altro pensiero ricorrente per le donne «non merito....». Pessimo, da tenere lontano. Capovolgete: «Io merito... perché mi voglio bene». Modificando il segno della narrazione - da negativa in positiva - ecco che si può entrare in una nuova storia. Da dramma a favola, magari, in fondo anche lì è solo questione di parole. 
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