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del cartello auditorium
@malakunin
Una volta, nelle torride estati romane, si cercava l’ombra. Era un errare tra un vicolo e un baretto, tra una terrazza ventilata e un ombrellone. Poi è stata la volta nell’aria condizionata: pizzerie con climatizzatore, automobili climatizzate con buona pace di chi ancora sposava il fascino del cabriolet (dalla Fiat Ritmo alla Golf), alberghi climatizzati e addirittura ristoranti all’aperto che “sparavano” acqua nebulizzata.
Oggi la stella polare del romano e del turista si chiama Wifi, ovvero la connessione a internet senza fili che permette con un semplice smartphone di chattare su Whatsapp, controllare la casella di posta elettronica, pubblicare foto su Instagram, cercare qualcosa su Google e controllare quello che stanno facendo gli “amici” su Facebook.
In ufficio, durante la pausa pranzo, si sceglie dove andare a mangiare in base alla tavola calda o al bar che hanno un buon wifi. E lo stesso per uscite serali, tra ristoranti, cinema e discoteche. Qualcuno lo pretende in spiaggia, a Ostia o Fregene, addirittura sotto l’ombrello. C’è chi prenota il taxi per l’aeroporto di Fiumicino solo con quella compagnia che offre il servizio wireless e c’è chi impreca contro le reti delle istituzioni, tanto pubblicizzate ma che quando servono non funzionano mai.
Il risultato? Un’estate a guardare il telefonino e non certi angoli di Roma che ancora resistono al degrado.
davide.desario@ilmessaggero.it