A Monte Antenne sfuggendo alle vipere

di Mario Ajello
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Domenica 16 Aprile 2017, 00:13
“Forte Antenne,
in tanti contro
il degrado”

@Roma2og

Tutto lo zoo romano potrebbe tranquillamente ritrovarsi a Monte Antenne, nella sporca e sgarrupata collinetta del forte e un tempo questa era Villa Savoia, prima ancora di villa Ada, e una delle meraviglie di Roma, campagna ma città, luogo incantato e riqualificato negli ultimi decenni sia pure a intervalli.

Ora, nella sporcizia e nell’abbandono, non imputabile alla vicina Moschea e neppure del tutto ai rom accampati lì intorno da sempre, potrebbero darsi appuntamento il topo (insieme ai “300.000.000 di topi” della canzone di Francesco De Gregori) che ha appena dato un morso al piccolo bimbo Marco a villa Gordiani; il toro che ha passeggiato l’altro giorno alla fermata dei bus a Saxa Rubra; i cinghiali (insieme ad altri “Cinghiali incazzati” come nella bella canzone nuova degli Ex-Otago, che sono genovesi ma vabbè) che compaiono sempre più spesso nel’Urbe; il celebre maiale che fruga ai cassonetti; i piccioni e i gabbiani sudici che infestano la Capitale. Più le vipere che a Monte Antenne strisciano ovunque nell’erba non tagliata, ma a Roma non si usa più tagliarla. Ogni tanto, una meritoria spedizione di volontari che puliscono cerca di contrastare il degrado. Ma Monte Antenne, come simbolo della selvaggeria capitolina, sembra purtroppo inattaccabile. 

mario.ajello@ilmessaggero.it
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