Quel cielo in fiamme che sporca il tramonto

di Maria Lombardi
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Venerdì 14 Luglio 2017, 00:21
#Incendi, non ne ricordo tanti
a Roma. Quanti se ne potevano
evitare con la manutenzione
del verde pubblico: solo erbacce

@arjuna56

Che qualcosa di eccezionale sta accadendo lo vedi anche dai colori. Roma non è mai stata così gialla e nemmeno così grigia. Ce la ricorderemo questa estate di sole ostinato e cenere. Guardi in basso e non trovi più il verde, l’erba è sparita. Solo erbacce alte così, secche e minacciose, un niente e sono già fiamma. Da via Salaria fino alla Colombo, solo ammassi ingialliti, grovigli color paglia, cespugli morti. Alzi gli occhi e non trovi più lo stesso cielo, nuvole di fuliggine, anche questo tramonto è sporco di fumo, nemmeno di notte è più lo stesso, a volte s’accende di rosso. I numeri fanno paura, le ragioni ancora di più (le cose non bruciano da sole). Su fb solo dirette di roghi. Eppure con gli incendi dovremmo avere confidenza e capirne anche qualcosa. Già nella Roma imperiale, prima città al mondo, c’erano i vigili del fuoco con sette caserme e si faceva prevenzione. Nel 27 dc sotto Tiberio bruciò il Celio, nel 36 il Circo Massimo, l’imperatore Claudio nel 54 s’improvvisò pompiere e diresse le operazioni per spegnere il rogo di Campo Marzio soccorrendo anche i feriti. Era il 18 luglio del 64, faceva molto caldo, per sei giorni (c’è chi dice 9) solo fiamme, forse non fu colpa di Nerone. E poi nell’80, sotto Tito, nel 192 con Commodo ancora distruzione. Ogni incendio insegnava qualcosa e le case si ricostruivano con meno legno, distanziandole l’una dall’altra. C’è qualcosa di arcaico, decadente e tragicamente incivile in questa estate gialla e grigia in cui bruciano sterpaglie non tagliate, rifiuti abbandonati e baracche ignorate. 
 
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