Mannarino, quelle bandiere per la Capitale

di Mario Ajello
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Sabato 21 Ottobre 2017, 00:20
“Ed ecco una gioia”
@rumba_magica

È un tweet sul primo disco live di Mannarino. È appena uscito. E nel disco o nel file non si può vedere purtroppo, a differenza del concerto, quell’enorme drappo dipinto, fatto di stracci, di pezzi di bandiere, di avanzi di stoffe, di frammenti di tessuto, di centomila colori e di infinite sfumature, che il musicista romano - guai a definirlo soltanto cantautore - ha sventolato sul palco del suo ultimo tour. Saltando e ballando, in mezzo a un carnevale.
Ma la mescolanza di sapori e di suoni di questo disco dal vivo si riesce a cogliere al primo ascolto. È tutto una rumba, un samba, un’eruzione di fiati arabeggianti, una torcida, una danza meticcia e romanesca, un’orchestraccia di percussioni e di pentolacce, di voci bianche, nere e a pallini. Il tutto ben si addice a Roma città-mondo, a questa foresta culturale che forse sta diventando la nostra città. Una foto dell’hic et nunc della Capitale. E «apriti cielo sulla frontiera / per chi non ha bandiera / per chi non ha preghiera / per chi cammina dondolando nella sera». 
Una canzone famosa, che qui diventa una baraonda di ritmi, s’intitola “Arca di Noè”. Quella che «vaga nell’eternità» e prende a bordo tutti e «si va, si va / ma dove si va / chissà chissà...». Probabilmente Mannarino e la sua città, almeno dal punto di vista dell’apertura mentale, cioè musicale, stanno andando nella direzione giusta. 

mario.ajello@ilmessaggero.it
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