Quanta fatica per regalare un po’ di felicità

di Mario Ajello
2 Minuti di Lettura
Domenica 10 Dicembre 2017, 00:07
“Non sono brutto, sono sobrio”
@spelacchio

Chi lo definisce desolante, chi una tristezza da “decrescita infelice”, chi “spelacchio” e chi “a ‘sto punto era meglio lasciarlo a mori’ in val di Fiemne” (da dove proviene). Povero albero di Natale di piazza Venezia. Lui prende le offese, ma non è colpa sua se “è perfino più orrendo di mia suocera”. Ormai, a una ragazza bruttina, ci si rivolge così, molto maleducatamente: “Sei più racchia dell’albero di Natale di Roma”. A un giovane poco aitante: “E che sei, il gemello del mostro di piazza Venezia?”. Il tema forse non meriterebbe tante polemiche, essendoci problemi più gravi in città e nel mondo. Ma forse la capitale della cristianità meriterebbe qualcosa di più o magari niente albero e chissene. Oppure, basterebbe un po’ di furbizia.

Già Roma è nell’occhio del ciclone perché è diventata quello che è; già è tempestata di foto che ritraggono i cassonetti ricolmi e la spazzatura che si gode lo scandalo; già patisce a livello planetario una pessima immagine per i suoi tanti difetti: che cosa ci vuole a dotarla di un super-albero, così almeno per qualche giorno, e grazie a una piccola cosa semplice da realizzare e da vendere mediaticamente, non si parla male di lei? Basterebbe un pizzico di savoir faire, tutto sarebbe risolto con un super-abete e pure Babbo Natale avrebbe a gioirne.
E invece? L’unica speranza è che “spelacchio” possa migliorare e che sia come quella vecchia sciantosa di cui ironizzava Ennio Flaiano: “Come tutte le mattine si alzò, si guardò allo specchio e si vide bruttissima. Ci mise un’ora a diventare solamente brutta”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA