Una diciassettenne può salvarci dalla burocrazia

Una diciassettenne può salvarci dalla burocrazia
di Pietro Piovani
2 Minuti di Lettura
Giovedì 13 Aprile 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 21:28
La scuola porta mio figlio in gita all'Agenzia delle entrate. Mi sembra giusto prepararli bene al futuro
@Eliconcentrico


Il contribuente che si reca in via Ippolito Nievo in cerca dello sportello dell'Agenzia delle Entrate nota subito un grande palazzo che, dall'architettura e dalle bandiere tricolori esposte sulla facciata, ha tutta l'aria dell'edificio ministeriale. Sulla vetrata d'ingresso però un foglio attaccato con lo scotch avverte: «NO AGENZIA DELLE ENTRATE». E poi un altro: «L'Agenzia delle Entrate si trova dall'altro lato della strada al civico 36». Il contribuente-diligente attraversa allora la carreggiata e si presenta al numero 36, ma lì vede un altro avviso: «Agenzia delle Entrate: l'ingresso dell'Ufficio è al civico 48». Il contribuente-paziente senza perdersi d'animo si avvia verso il 48, dove finalmente la caccia al tesoro ha la sua conclusione. Che in realtà è solo l'inizio: ora il contribuente-utente può mettersi in fila.

È la fila per ottenere il numeretto, insomma la fila per mettersi in fila. Al bancone però non c'è uno svogliato impiegato parastatale, bensì una sorridente ragazzina, avrà sì e no diciassette anni, e con lei altre quattro o cinque coetanee: «Siamo del Morgagni, terza scientifico». La studentessa ascolta la richiesta del contribuente-dolente, gli dà il numeretto e insieme gli consegna l'apposito modulo previsto dall'Agenzia. È un modulo francamente indecifrabile anche per chi avesse una tripla laurea in giurisprudenza, economia e glottologia, ma per fortuna la ragazza si mette a disposizione svelando al contribuente-impotente tutte le trappole del prestampato, offrendo consigli preziosi e trucchetti da esperto, compresa la dritta fondamentale nel punto più difficile: «Questa parte qua non la compila nessuno, la lasci in bianco».

Quelle adolescenti sono in temporaneo servizio all'Agenzia delle entrate per via della cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”, ovvero i periodi di pratica nelle aziende e negli uffici pubblici che ora tutti gli studenti sono obbligati a svolgere durante gli anni delle superiori. Insomma sono lì per imparare dagli impiegati come si lavora, ma speriamo che imparino il meno possibile. Anzi, la speranza di tutti i contribuenti è che invece siano gli impiegati a imparare qualcosa da loro.

pietro.piovani@ilmessaggero.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA