Schiacciati sul bus, dove lo spazio è un’opinione

di Maria Lombardi
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Venerdì 28 Ottobre 2016, 00:05
Perché i dirigenti Atac
non attraversano
Roma in bus affollati come
carri bestiame?

@lidiamusic

Attenti alle borse. Ma anche ai piedi, alle costole, al naso e alle orecchie. Per salire sul 64, sul 38 o su qualsiasi altro bus nelle ore affollate bisogna lasciarsi comprimere, schiacciare, frullare. Ci vuole elasticità e non di testa, serve allungarsi per raggiungere l’uscita scavalcando un muro di braccia e rimpicciolirsi fino a scomparire per conquistare l’entrata. «Il dito è mio!». E chi voleva portarlo via, solo che i libri non trattengono il respiro per farsi più piccoli come tutti qui dentro e scusi se è finito sulla sua mano. Si litiga per forza, è la guerra dei millimetri. Fermata di piazza Istria, ore 13,30 circa. Si aprono le porte dell’autobus e qualche passeggero più vicino all’uscita finisce in strada. Quelli in attesa provano a salire comunque, sfidando la legge dell’impenetrabilità dei corpi. «Lo vedete, è pieno. Non può salire nessuno», la battaglia tra chi sta sopra, sul bus, e chi sta sotto, in strada. «Ma se provate ad andare avanti...». «Avanti dove?». Qui dentro non c’è più un dove, lo spazio è un’opinione. «Io devo salire per forza, devo andare a lavoro», e si piazza sul gradino impedendo all’autista di partire. «Così ci fa perdere tempo a tutti». «Chi se ne frega?». «Prepotente, maleducato», qualcuno alza la voce. «Io non mi muovo, lo decide l’autista chi deve salire e chi no». L’autobus ancora fermo, le porte non possono chiudersi perché c’è quel tipo in mezzo. Il conducente non fa in tempo a intervenire, insieme agli insulti volano i primo schiaffi. Il passeggero di troppo viene spinto con la forza in strada e resta là in attesa del prossimo ring.
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