Quanto è difficile chiamarla “assessora”

di Pietro Piovani
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Mercoledì 11 Marzo 2015, 22:14 - Ultimo aggiornamento: 20 Giugno, 17:14
Oggi è #ottamarza, ma domani è #novomarzo
@occhiochetivedo



È stato il dibattito più acceso della settimana scorsa, prima e dopo l'8 marzo: bisogna dire ministro o ministra? Assessore o assessora? Prefetto o prefetta? Il femminile dei nomi di professione è una questione su cui ci si può accapigliare come quando si parla di politica o di calcio. I linguisti in verità hanno pochi dubbi: Cecilia Robustelli nel suo “Donne, grammatica e media” raccomanda di declinare tutto al femminile, Luca Serianni dice di non avere «alcuna obiezione linguistica» al riguardo, a patto che la femminilizzazione del nome non venga imposta a quelle donne che dichiarano di non gradirla: se un'esponente del governo preferisce non essere chiamata ministra è giusto rispettare la sua volontà.

Sarebbe dunque auspicabile applicare la desinenza in -a (notaia, avvocata), accettare il suffisso -essa nei casi in cui si è consolidato nel vocabolario italiano (professoressa), mentre per i termini in -ente basterebbe cambiare l'articolo (la presidente). Qualche esitazione per i nomi che finiscono in -tore, perché il femminile in -trice (attrice, senatrice) a volte viene messo in discussione: è meglio questrice o questora? Problemi anche per le parole in -sore, soprattutto a Roma, dove, per una banale somiglianza fonetica, assessora fa subito pensare alla sora Camilla e alla sora Lella. Ma sono difficoltà superabili. A chiudere ogni controversia dovrebbe essere l’argomento portato dalla già citata Robustelli: se si può dire parrucchiera e infermiera, perché non si può dire ingegnera?

L'accanimento con cui molti si ribellano al femminile rivela il tenace conservatorismo linguistico degli italiani: è più facile accettare che cambino le cose piuttosto che le parole. Oggi le donne possono svolgere professioni o occupare posizioni che un tempo erano loro negate, possono guidare un ministero o una prefettura, ma chiamarle ministre o prefette sembra brutto, chissà perché.

pietro.piovani@ilmessaggero.it