Medici in prima linea, anzi in ultima

di Mauro Evangelisti
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Sabato 11 Gennaio 2014, 09:52 - Ultimo aggiornamento: 09:53
Una notte al pronto soccorso

(Roma). Terzo mondo. Con rispetto

e ammirazione per chi ci lavora

tra barelle che mancano e malati incazzati.


@stefanorlandini Parla un medico di uno dei tanti pronto soccorso romani, quelli dove aspetti anche dieci ore per una visita e cinque notti su una barella per un ricovero: «Ho fatto la notte, con 25 pazienti parcheggiati sulle lettighe perché non c’era un posto libero per ricoverarli. Spesso siamo costretti a lasciarli nei corridoi, uomini e donne vicini, senza privacy, senza dignità. Da giorni la sala d’aspetto è affollata, ormai anche per un piccolo malanno non vanno dal medico di base, vengono qui da noi e noi siamo allo stremo. Ma il problema vero non è l’attesa dei pazienti meno gravi, è la rabbia di dover parcheggiare chi sta male sulle barelle. Se poi qualcosa va storto siamo noi in prima linea a esser denunciati, indagati. Tu sai che hai fatto il massimo ma ogni giorno rischi una denuncia. E non solo: ormai in ogni pronto soccorso stiliamo la lista delle aggressioni che noi medici e infermieri subiamo, perché tra i familiari c'è chi comprende, e chi invece perde la testa. Arrivano tanti ubriachi e sbandati. Una volta uno stava per strozzare un'infermiera, un collega ha avuto un infarto dopo essere stato aggredito. Il sistema dei pronto soccorso non regge più». E’ una delle tante testimonianze dai pronto soccorso e pensi che sia tutto causato dal malgoverno, dalle ruberie, dai fannulloni. Tutto vero. Ma il vero spettro è che non vi sia soluzione all'orizzonte, che una popolazione sempre più anziana e sempre più povera continuerà a chiedere aiuto ai pronto soccorso (lievissimo il calo che si registra negli accessi). E la prima linea, alla fine, si arrenderà.

mauro.evangeisti@ilmessaggero.it