Roma, si suicida dal balcone: «Deluso da amore e lavoro»

Roma, si suicida dal balcone: «Deluso da amore e lavoro»
di Marco De Risi e Maria Lombardi
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Sabato 31 Maggio 2014, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 3 Giugno, 13:00

I rami spezzati sono ancora l, sul marciapiede, l dove M. ha buttato la sua vita, con un volo dal quinto piano. Confusi tra le foglie a terra i guanti di plastica celesti, quelli usati dai soccorritori, una garza sporca di sangue. Qualcuno li raccoglie dal marciapiede e li butta via, gli amici di M. alzano lo sguardo. C’è un vuoto nell’albero, i rami sono finiti a terra con lui, attraverso quello spiraglio si vede il balcone da dove giovedì mattina il ventottenne si è lanciato. Eccolo il tragitto del suo volo, le fronde hanno attutito la caduta ma non abbastanza per salvarlo. Una macchina parcheggiata a ridosso del tronco ha il paraurti ammaccato, il giovane gay che si è ucciso per amore avrà sbattuto anche lì.

«Che stupido è stato. Perché l’ha fatto?». Una sua carissima amica con la mano sulla bocca fissa le foglie a terra che la scopa sta disperdendo e vorrebbe che restassero ancora lì, a parlare di M. M. S., 28 anni, originario dell’Isola d’Elba. L’ultima volta l’ha sentito due giorni prima che lui decidesse di farla finita dopo aver rotto con il suo compagno. «Non stavano insieme da tanto, sei mesi forse. M. era innamoratissimo, diceva che era l’amore della sua vita». L’ultima foto insieme su Facebook è di quattro giorni fa, sono al ristorante. Giovedì mattina la lite, forse improvvisa. Il compagno gli dice che tra loro è finita e lui la prende malissimo, forse minaccia qualcosa e confessa i pensieri brutti che lo stanno assalendo. Si lasciano così, M. probabilmente prende qualche farmaco per attutire il dolore, non risponde più al telefono. Squilli a vuoto del compagno, all’ennesima chiamata senza risposta lui si preoccupa e chiama il 113: andate in via Collazia, a San Giovanni.

IL LAVORO

Gli agenti trovano M. sul parapetto, al quinto piano, sfondano la porta di casa, i vigili del fuoco stanno gonfiando il materasso, un pompiere da un balcone vicino gli ha quasi preso la mano, ancora un attimo e forse ce la fa a salvarlo. Poi, il volo. Alle 12,10 il ventottenne arriva all’ospedale San Giovanni, un quarto d’ora dopo muore. Faranno degli esami per capire se prima di lanciarsi il giovane ha preso qualche psicofarmaco. Di pasticche che lui stava assumendo parlano anche gli amici.

«Forse non voleva farlo, chissà, forse voleva solo chieder aiuto», si tormenta l’amica. Il padre e la sorella di M. sono arrivati dall’Isola d’Elba, la madre l’aveva persa qualche tempo fa. Nessun problema in famiglia, sapevano che lui era gay e l’accettavano. «Tutti sapevano della sua omosessualità, M. ne era orgogliosissimo. Si era trasferito dalla Toscana a Roma per lavoro, aveva un ottimo posto anche se ultimamente le cose andavano male».

Team-leader in un’azienda che fornisce servizi a Sky. Ma adesso quello, raccontano gli amici, «era diventato un postaccio». Lui ne soffriva e pensava di andare via come già avevano fatto altri colleghi, ma non era facile rinunciare allo stipendio fisso, «ho un affitto da pagare». Prima o poi l’avrebbe fatto, ormai lì c’era solo amarezza. «I problemi sul lavoro e la delusione d’amore, forse si è sentito perduto, avrà pensato: non mi è rimasto più niente. Gli sarà caduto il mondo addosso, un momento di disperazione. Però, perché l’ha fatto?». Gli amici guardano le foglie allontanarsi, e poi di nuovo il balcone maledetto, «è quello».

L’addio su Facebook. «Ciao M.! Sei stato il sorriso di tanti, l'unico raggio di luce in un posto che era diventato troppo buio anche per te...la tua sensibilità, la tua gioia ti rendevano un essere speciale...». E ancora, «ti ho conosciuto in un posto dove regnava la cattiveria...e infatti tu li non centravi proprio niente!!! ...tu non ti sei buttato, tu sei caduto stordito da quella merda che ti avevano prescritto». «Ti mando un bacio nel vento, M.».

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