Quelle lapidi che celebrano gli artisti

Quelle lapidi che celebrano gli artisti
di Fabio Isman
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Domenica 13 Novembre 2016, 10:38
Giovedì, in piazza di Spagna al numero 9, è stata scoperta una lapide per ricordare che al III piano, in 300 metri quadrati e per quasi 40 anni fino alla morte nel 1856, ci visse Franz Ludwig Catel, pittore tedesco non troppo noto, che morendo lascio tutto a un'istituzione ancora in vita. Non ha mai ricevuto un finanziamento pubblico, e si occupa ancora di artisti indigenti, tedeschi e italiani; e in più, soccorre anche i bisognosi. Claudio Parisi Presicce, che è sovrintendente comunale, ricordava il valore della memoria: sui muri di Roma si possono leggere tanti squarci della sua storia, anche minuta; il passaggio di tanti «Grandtouristi» o che della città si innamorarono. La sovrintendenza ne ha inventariate 561 di queste targhe; 69 apposte dal 2002.

PERSONAGGI
In piazza, si ricorda anche Giovanni Sgambati, morto nel 1914: grande musicista che ci visse per 37 anni; e la sua memoria lapidea è vasta quanto una finestra. Al numero 62, che vi fu ucciso nel 1945 il socialista Mario Fioretti; ai piedi della Scalinata, il «memorial» del poeta John Keats. Girando l'angolo, a via del Bottino l'appartamento dove nel 1956 morì lo scrittore Corrado Alvaro. A via Frattina 51, i sei mesi di James Joyce, «esule volontario» nel 1906; al 12 dimorò il triumviro romano Mattia Mantecchi nel 1849. A via del Babuino 115, la casa natale del poeta Trilussa; all'82, abitò «Riccardo Wagner» nel 1876. Non lontano si celebra il gemellaggio (2002) tra la via e Madison Avenue, a New York; perpetuato Julius Slowacki «poeta romantico polacco», che soggiornò nel 1836. A via Condotti, ecco la dimora romana, per cinque mesi, di Giacomo Leopardi; e sia «onorato nei secoli» l'edificio a via Capo le Case dove nel 1849 «abitò Mazzini triumviro».

LA CASA
Il quartiere era quello preferito dai «Grandtouristi»: già Stendhal racconta di «amici che presero alloggio in quella piazza dove si ficcano tutti i forestieri»; il «tridente» era la loro meta agognata. Anche per un immenso musicista, Jakob Ludwig Felix Mendelssohn Bartholdy (1809 - 47) che, tra il tantissimo d'altro, ha anche riscoperto, dopo due secoli, la Passione secondo Matteo di Bach. Nel 1830, è a Roma. Proprio accanto a dove è stata appena scoperta la targa per Catel: al numero 5, primo piano. L'8 novembre, scrive alla sorella: «Una piccola casa illuminata tutto il giorno dal sole, dove c'è un buon pianoforte di Vienna; sul tavolo giacciono alcuni ritratti di Palestrina, Allegri, ecc. colle loro partiture, un libro di salmi in latino. Là appunto io abito, e alla mattina me ne sto alla finestra sopra la piazza e l'aria frizzante scompare tosto all'apparir del cielo azzurro». Eccetera eccetera. A Roma, diventa amico di Hector Berlioz; non a caso, una sinfonia delle sue più famose è l'Italiana. Ci resta alcuni mesi.

PROSSEDA
Roberto Prosseda è un pianista assai noto. Il suo idolo è proprio il compositore: ne ha ritrovato brani che non si ascoltavano più da secoli. Con l'ex rettore di Teramo Aldo Bernadini, ha costituito in Italia un'affiliazione della associazione tedesca a lui intitolata. Infinite iniziative. «Anche la prima app dedicata a un compositore classico; c'è tutto: lettere, manoscitti, il catalogo». Tra le proposte iniziali dell'Associazione Mendelssohn italiana, «volevamo di fargli dedicare una strada e una targa a Roma». La via, al Comune era piaciuta: però, da cinque anni è «in iter»; speriamo. La lapide, invece no. Il Comune n'era entusiasta: «Fatti già i rilievi; preparata con noi la dicitura; deciso dove collocare l'iscrizione, assai più piccola di quella di Sgambati; superati anche dei problemi con il condominio, grazie a una musicofila, Isabella Buitoni Ripa di Meana che sta all'ultimo piano». Ma la vicenda si fa un po' assurda: Sovrintendenza (capitolina) contro Soprintendenza (dello Stato); una funzionaria dice: la posizione del marmo «non è compatibile con gli stilemi del progetto architettonico». «Noi siamo pronti a murane collocazione de formato, ma pare che sia inutile», conclude Prosseda. E non se ne fa nulla. Anche se l'edificio non è nulla di che; e Mendelssohn, invece, un immenso musicista. Ma è giusto?

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