La casa di chi inventò lo zucchero

La casa di chi inventò lo zucchero
di Fabio Isman
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Domenica 23 Ottobre 2016, 09:34 - Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 12:44
Nel quartiere Ludovisi, al numero 48 dell'omonima strada vicino a via Veneto, c'è una strana villa dell'inizio del Novecento, che alle spalle ha una storia curiosa, esemplare ed assai poco nota: villa Maraini, oggi sede dell'Istituto svizzero nella Capitale. Intanto, dalla terrazza sopra la torretta, in cima ai tre piani dell'edificio e a 26 metri d'altezza, si gode un panorama della città a 360 gradi dei più straordinari: siamo appena tre metri sotto l'altezza del «cupolone» di San Pietro. Poi, nel suo passato c'è una grande vicenda di pionierismo, industria e mecenatismo, tutta da raccontare.

RIETI
Emilio Maraini (1853 - 1916) nasce svizzero, però muore italiano. È uno che si era fatto assolutamente da sé: il fondatore dell'industria saccarifera nel nostro paese. Da giovane, terzo di dieci figli, studia le lingue; quindi, precoce orfano della madre, va in Olanda; e a Rotterdam, s'impiega in una società che si dedica al commercio con i Caraibi e l'Asia. Presto, diventa un personaggio importante nell'importazione dello zucchero da canna. Si mette in proprio: si trasferisce a Praga, e studia quello che deriva invece dalla barbabietola. Vuole impiantare le coltivazioni in Italia, che dipendeva in modo totale dalle importazioni.

Ci aveva già provato perfino Camillo Benso conte di Cavour; però invano. Maraini pensa a Rieti. Lo zuccherificio che vi acquista e trasforma nel 1887 diventa il primo nel Paese; e nel 1900, il terzo per capacità quotidiana di lavorazione. Ha chiuso soltanto nel 1973, ed è stato poi bonificato del tetto in amianto; è divenuto delle Coop, e attualmente è in vendita, dopo che è stato abbandonato un investimento già previsto sul luogo. Vicino alla fabbrica, Maraini vuole anche una villa: oggi è un «bed and breakfast». E impianta vari altri zuccherifici, ulteriori fabbriche, in altri luoghi del nostro paese.

ECLETTISMO
Intanto, aveva fuso la propria azienda con una famiglia di armatori genovesi tra le più famose, i Piaggio. Viene a vivere a Roma. La villa, del 1905, è un autentico gioiello d'architettura, in stile eclettico come allora usava. L'ha progettata il fratello di Emilio, Otto Maraini, dieci anni meno di lui. Un piccolo rilievo artificiale, sul terreno di quella che, fino a poco prima, era stata tra le più grandi villa del centro di Roma: quella Ludovisi, che da Villa Borghese arrivava a Porta Pia, divenuta appunto l'omonimo quartiere. Il luogo scelto da Maraini era ormai una discarica.

Se ne occupa il fratello minore dell'imprenditore saccarifero, a cui, tra l'altro, si deve pure l'hotel Excelsior in via Veneto, del 1905, e quindi del tutto coevo. I Maraini vivevano nella «dependance» dell'edificio, ristrutturata dal 2001 al 2005, conservando ovviamente le facciate originali. Nelle sale e sulle scale della villa abbondano decorazioni, stucchi, colonne, affreschi, arazzi, marmi assai preziosi e rari.

DEPUTATO
Qui, Maraini trascorre l'ultima parte della vita: diventa consigliere comunale; e dal 1900 al 1916, quando muore, è eletto alla Camera dei Deputati. E' stato vicepresidente della Croce rossa italiana, e, nel primo conflitto mondiale, presidente della Commissione dei prigionieri di guerra; dal 1902, pure cavaliere del Lavoro. Lui e la moglie, Carolina Maraini Sommaruga (1869 - 1959), non avevano figli; lei era abbastanza celebre: l'aveva eternata anche Vittorio Corcos, nel 1901. Per tutta la vita, si è dedicata ad attività di beneficienza; e Vittorio Emanuele III, anche per questo, la nomina contessa.

Morto il marito, Carolina dona 500 mila franchi alla città di Lugano, per l'ospedale e altre istituzioni di carità; e nel 1946, anche la villa alla Confederazione elvetica, che ne fa la sede dell'Istituto culturale. Ha voluto essere sepolta a Rovello: vicino a Lugano, dove era nata. Di lei e del marito rimangono il ricordo e la villa, imponente, ma che tuttavia si rifà alle tradizioni e alla tipologia di quelle romane più antiche; con originali e copie di antiche sculture; ed anche pezzi archeologici, trovati durante gli scavi per edificarla. La memoria di una grande e precoce avventura imprenditoriale.
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