Roma, il prefetto Gabrielli: «Scioperi e cortei, ​serve il coraggio di dire qualche no»

Roma, il prefetto Gabrielli: «Scioperi e cortei, ​serve il coraggio di dire qualche no»
di Simone Canettieri e Alessia Marani
6 Minuti di Lettura
Martedì 21 Aprile 2015, 06:11 - Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 16:51

Lo fa capire subito: non ha la bacchetta magica per risolvere i tanti problemi di Roma. Nemmeno ricette pronte a essere cucinate. Ma su tanti dossier, il neo prefetto Franco Gabrielli - ospite del forum de Il Messaggero - ha le idee molto chiare. Tipo: «Bisogna saper dire anche qualche no alle manifestazioni che soffocano il centro di Roma. Più sit-in e meno cortei». Oppure: «Occorre usare con più forza lo strumento della precettazione davanti agli scioperi selvaggi», come quello della metro di venerdì.

E ancora: «Nei campi rom va riportata la legalità a tutti costi, usando anche le leggi speciali come quelle utilizzate per la Terra dei Fuochi e la Forestale». Solo così si inizia a riportare un po' di ordine in una Capitale dove le istituzioni vacillano da mesi sotto i colpi delle inchieste. E a proposito, per Gabrielli «Roma è più corrotta che mafiosa» senza nulla togliere alla straordinarietà dell'inchiesta del procuratore Pignatone. In mezzo a queste prime certezze, l'ex capo della Protezione civile inviato da Renzi per raddrizzare dopo la Concordia anche l'Urbe si fa accarezzare da un dubbio. Anzi da un timore: «In vista del Giubileo - spiega il prefetto - non possiamo escludere attacchi terroristici». Gabrielli è pronto anche a un'altra svolta molto pop: da domani inizierà il tour dei municipi. Il battesimo a Casalotti-Boccea. Si appresta a fare il sindaco ombra? «Non ho queste velleità - ride - ma voglio riavvicinare i cittadini alle istituzioni, delegherò un funzionario per quartiere». Il nuovo corso a Palazzo Valentini è già iniziato, dopo due anni di liti da condominio tra Pecoraro e il sindaco Ignazio Marino. «La percezione che hanno i cittadini è importante, non può passare l'idea che Comune e Prefettura siano in guerra. E con questo - spiega - non do giudizi su nessuno».

Prefetto Gabrielli, l'ultima tragedia in mare dei migranti riporta Roma al centro dell'emergenza. Sono sufficienti i centri di accoglienza nella Capitale?

«No, bisogna provare a realizzare nuovi Sprar ma di piccole dimensioni. In quelli per i minori, per esempio, ogni singola struttura non dovrebbe riceverne più di 8. Allo stesso tempo si deve evitare di concentrare grandi numeri in quartieri già in sofferenza, come a Tor Sapienza e Corcolle.

Non servono soluzioni imperative ma gioco di squadra tra territori e Prefettura».

Ma quanti immigrati può ospitare Roma?

«È una tematica complessa. La città è penalizzata dal criterio di distribuzione che è proporzionale al numero di abitanti. Il Lazio dopo la Sicilia è la seconda regione per accoglienza. Poi c'è un altro problema».

Cioè?

«Con l'inchiesta Mafia Capitale che ha messo in discussione una serie di strutture che erano viste come approdo naturale, abbiamo grosse difficoltà a reperire soluzioni nuove. Di sicuro questo problema non si risolve con la sindrome di Nimby (Not In My Back Yard, non nel mio cortile, ndr): non si può dire vanno bene i rifugiati, ma a 100 chilometri».

Un'altra convivenza difficile è quella tra romani e campi nomadi. Il sindaco vuole superarli e dare le case ai rom. È un'ipotesi percorribile?

«Già sarebbe un grande risultato eliminare le situazioni irregolari. Senza spot, più concretamente vorrei che si ripristinasse il rispetto della legalità. Penso a quei cittadini costretti a respirare i fumi tossici che arrivano fin dentro le loro case, non possiamo essere indifferenti. Coinvolgerò il Corpo Forestale dello Stato, applicheremo le norme previste per la cosiddetta “terra dei fuochi”».

Quali sono le priorità su cui interverrà?

«Le ho elencate al primo comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza, istituendo sette diversi tavoli di lavoro che corrispondono a altrettante urgenze: la lotta alla criminalità, abusivismo e degrado, occupazioni e sfratti, l'immigrazione, i campi rom, l'antiterrorismo, la protezione civile».

Ma Roma ha anche problemi di ordine pubblico, pensiamo alle manifestazioni sportive, spesso pretesto per scatenare violenza; alla morte di Ciro Esposito, alla devastazione della Barcaccia da parte dei supporter del Feyenoord. Non c'è un tavolo dedicato?

«Sono stato dirigente della Digos di Roma per quattro anni e conosco bene il tifo violento. Il parlare, il ragionare, con certe frange è impossibile. Si tratta però di una problematica circoscritta, non pervasiva della città. A questi episodi molto specifici non si può dare una risposta strutturata, ma vanno affrontati di volta in volta. Tutte le questioni di ordine pubblico, alla fine, sono tutti rapporti di forza».

Vuole dire che non si può fare prevenzione?

«Si può solo prendere insegnamento da errori o, meglio, criticità. Fatti come quelli del Feyenoord non si possono ripetere, qualcosa evidentemente non è andato, si deve fare tesoro delle esperienze negative. Di contro, la fan zone è un esempio positivo che si può utilizzare».

Manifestazioni, cortei, scioperi continui: questi però sono fatti che coinvolgono la città, i commercianti, i turisti. I romani cominciano a mostrare intolleranza, ci sono tensioni. Forse Roma è una città un po' troppo aperta?

«Si sono alternati governi di centrodestra e di centrosinistra, ma l'atteggiamento su questi temi non è cambiato. Credo però che si possa ragionare sui numeri. Se si è in pochi non si può influire tanto pesantemente sulla vita della città. Proviamo a dire qualche no e, a dirla come Iannacci, a “vedere l'effetto che fa”. I romani sopportano tutto, in altri posti farebbero le barricate, bisogna rendere questa città più vivibile facendo riflettere gli organizzatori delle manifestazioni che se si è in 300/400 non si può bloccare tutti. Magari meglio un sit-in che un corteo».

Tempo fa si parlò anche di piazze ad hoc per le manifestazioni?

«Ma chi arriva fino a Roma le ha già provate tutte e cerca visibilità».

Anche per i cortei vale il principio del rapporto di forza come per le manifestazioni sportive?

«La forza davanti ai disagi sociali, alla disoccupazione, è molto di più che una extrema ratio».

A proposito di tensione sociale, l'ultimo sciopero dei macchinisti metro per poco non finiva in un linciaggio. Che poteri di intervento ha come prefetto?

«Sull'episodio aspetto l'esito dell'attività ispettiva per capire le responsabilità. Prima di arrivare a una misura forte come la precettazione ci sono una serie di interlocuzioni e confronti da tenere nel debito conto».

La precettazione è stata usata troppo o troppo poco?

«È uno strumento molto poco utilizzato, prevale la salvaguardia del diritto allo sciopero. Ravvedo che il Paese è più attento agli interessi di categoria che dei cittadini».

Con il Giubileo e i 25 milioni di pellegrini che arriveranno a Roma non sarà il caso di utilizzarla?

«Di certo sarà un periodo di vetrina internazionale e Roma non si può permettere di dare un'immagine di caos o di trasporti inefficienti. Sospendere gli scioperi, parafrasando Delrio, è complicato, ma forse su un “patto” per il Giubileo bisognerà ragionare».

Antiterrorismo: Parigi insegna che è cambiato il modo di attaccare.

«Innanzitutto mancano sette mesi al primo Giubileo ai tempi dell'Isis. Dopo Londra, Madrid, i più recenti attacchi a Parigi, temo che un episodio terroristico possa riguardare la Capitale. E noi dobbiamo tarare la nostra capacità di reazione di fronte all'effetto sorpresa. Oggi (ieri, ndr) incontrerò i vertici Fs per esempio, nulla deve essere lasciato al caso».

È un suo timore quello di un attentato o ci sono informazioni precise?

«Tutti gli indicatori dicono che dobbiamo temere situazioni estemporanee, frutto di gesti isolati e quindi ancora più difficili da prevedere. La cristianità è al centro dell'attenzione di questi nuovi terroristi e non possiamo non sentirci al centro della minaccia».

Ha letto le carte di Mafia Capitale? C'è ancora un rischio commissariamento a Roma?

«Ci sono delle tempistiche ben definite. Il 15 giugno cesserà l'attività della Commissione di accesso che dovrà produrmi le sue risultanze e io avrò 45 giorni di tempo per metabolizzarle e proporre al ministro dell'Interno lo scioglimento o meno del Comune. Sarà un luglio caldo».

Ma quant'è mafiosa Roma secondo lei?

«Per essere molto sintetico direi che Roma è più una città corrotta che mafiosa».

Qualcuno dice che sarà nominato Capo della polizia.

«Non ho mai pensato al dopo. Se la domanda fosse: vuole fare il Capo della polizia, sarei ipocrita a dire di no».