Marra, il Rasputin in trincea: «Io, in una guerra tra grillini»

Marra, il Rasputin in trincea: «Io, in una guerra tra grillini»
di Valentina Errante
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Sabato 13 Aprile 2019, 08:12

«Mi sono trovato in una guerra interna dei Cinquestelle». Raffaele Marra, sotto processo per l'affaire nomine, imputato di abuso d'ufficio per l'incarico di capo della direzione Turismo al fratello Renato, prova a difendersi. Quello che fu il sindaco ombra dell'amministrazione Raggi, nega ogni ruolo e responsabilità. Si dice un tecnico e smentisce quanti hanno additato il suo strapotere, che aveva portato anche alle dimissioni del capo di Gabinetto della sindaca, Carla Romana Raineri. Marra risponde alle domande del pm Francesco dall'Olio e tona a citare l'interpello, la procedura messa in atto dalla giunta Raggi per la selezione dei dirigenti e già oggetto del processo che ha visto imputata, e assolta, per falso la sindaca. La versione è uguale a quella della prima cittadina: lui non ha fatto nulla per promuovere il fratello.

LA GUERRA
Il contesto, dice Marra, è quello di una lotta che spaccava il Movimento: «C'erano quelli che stavano con la sindaca Raggi - dice Marra - e quelli che invece stavano con Roberta Lombardi. Io non avevo gruppi, ma ero percepito come vicino alla sindaca anche se non ho mai fatto politica: era un massacro sui giornali tutti i giorni. Non sono mai stato un militante dei Cinquestelle. Sono stato chiamato perché sono un valido amministratore». Ricorda di avere lavorato con Gianni Alemanno, di cui nel 2008 è stato dirigente e uomo di fiducia dal punto di vista tecnico amministrativo «ma non avevo certo la tessera di An». E aggiunge: «Come quando sono stato nominato dirigente durante la consiliatura guidata da Ignazio Marino: non sono mai stato un militante Pd». E anche la nomina in Regione Lazio, durante la presidenza di Renata Polverini. Va a ritroso: «Ho conosciuto la Raggi nell'aprile del 2016 a una cena organizzata dal funzionario comunale Salvatore Romeo, che mi aveva contattato mentre mi trovavo in aspettativa per chiedermi di collaborare con loro. In quella fase mi sono limitato ad inviare via mail alla sindaca sull'organizzazione della macrostruttura del comune di Milano perché pensavo fosse fatta bene». Eppure le chat del gruppo whatsapp Quattro amici al bar (Raggi, Marra, Frongia e Romeo) tra battute e strategie avevano poco di tecnico. L'imputato conclude: «Per me quest'esperienza è stata una sventura. Per tre volte ho chiesto di mettermi in aspettativa».


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La versione dell'ex potentissimo capo del personale è identica a quella della prima cittadina: «In relazione alla nomina di mia fratello Renato - dice - mi dichiaro assolutamente innocente. Non ho avuto alcun ruolo. Sono stato estraneo nella procedura di interpello che nasce su iniziativa della Raggi ed era di natura esplorativa e non certo comparativa. La sindaca poteva conferire incarichi anche indipendentemente dalla presentazione delle istanze. E aveva potere esclusivo e autonomo nelle scelte e nell'assegnazione degli incarichi». Nessun suggerimento per la nomina finita sotto accusa che Quanto all'incremento retributivo (circa 20mila euro l'anno ndr) che nel caso di mio fratello sarebbe passato dalla prima alla terza fascia, era già indicato nella procedura di conferimento dell'incarico». Il riferimento è alle chat whatsapp, nelle quali proprio la sindaca rimproverava a Marra di non averla avvertita dell'aumento. Ma Marra torna a negare: «Virginia Raggi era a conoscenza del fatto che suo fratello fosse vicecomandante della Municipale». E aggiunge: «Lo sapevano tutti. Del resto lui era in Comune dal 2008-2009. Fu Antonio De Santis (delegato al personale) a dirmi che la sindaca aveva pensato a mio fratello come nuovo capo della Polizia Locale. Tuttavia, per ragioni di opportunità politica e per il fatto che nei Cinque Stelle c'erano tensioni, la questione fu accantonata, mi fu detto che Renato era molto giovane e sarebbe stato nominato nella prossima tornata. Io dissi: decidete voi come ritenete più opportuno».
 

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