Igt Italia, dipendente trasferiva le paghe sul suo conto: condannata. Ha raccolto più di un milione di euro

Stefania Vannini ha patteggiato una pena a due anni: gestiva il pagamento di tutti gli stipendi

Igt Italia, dipendente trasferiva le paghe sul suo conto: condannata. Ha raccolto più di un milione di euro
di Francesca De Martino
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Martedì 12 Aprile 2022, 07:26 - Ultimo aggiornamento: 10:24

Avrebbe approfittato del suo ruolo di addetta alle paghe per intrufolarsi nei sistemi informatici e sottrarre a Igt Italia (all'epoca Lottomatica), concessionaria dei giochi per conto dello Stato, un totale di circa un milione e mezzo di euro. Il bottino sarebbe stato incassato con numerosi bonifici nel giro di tre anni, dal 2012 al 2015. E l'inganno, per l'accusa, sarebbe stato mascherato creando nel software dell'azienda buste paga destinate a dipendenti inesistenti. Ora, per questi fatti, Stefania Vannini, ex dipendente della Igt Italia, 64 anni, ieri ha patteggiato una pena a due anni. Una pena, quella concordata dalle parti, che sarà sospesa solo se l'imputata restituirà le somme sottratte all'azienda. Il pm Maria Caterina Sgrò contesta alla 64enne la frode informatica e il danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici.

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LA VICENDA
I fatti contestati dall'accusa si sarebbero consumati dal 2012 al 2015, quando l'imputata lavorava come addetta al servizio paghe della società dei giochi, in particolare aveva in mano l'area Payroll, che si occupa di gestire il pagamento mensile degli stipendi di tutti i dipendenti della concessionaria dei giochi, nonché di tutti quelli delle altre specifiche società appartenenti allo stesso gruppo che le hanno affidato lo stesso servizio.

Ma dal 2012 la 64enne, oltre a occuparsi delle sue mansioni giornaliere da dipendente, per i pm, «con più azioni esecutive di uno stesso disegno criminoso», si legge nel capo d'imputazione, si sarebbe inserita «senza diritto» a dati, informazioni e programmi contenuti nel sistema informatico e telematico della concessionaria dei giochi per conto dello Stato, per mettere a segno un vero e proprio colpo milionario. Secondo l'accusa, l'imputata si sarebbe procurata «un ingiusto profitto» intascando la somma complessiva di 1.532.169 euro che «distraeva a proprio vantaggio annotano i magistrati negli atti effettuando numerosi bonifici su due conti correnti a lei intestati». Poi, la donna avrebbe cercato di camuffare le presunte uscite extra dell'azienda creando, nel sistema informatico della società, altre buste paga destinate a dipendenti inesistenti.


FINTE BUSTE PAGA
Nello specifico, ricostruisce l'accusa, «come responsabile dell'area Payroll, al fine di occultare le condotte fraudolente si legge ancora nel capo d'imputazione - alterava i dati relativi alle buste paga contenute nel software dell'azienda Inaz paghe cancellando quelli relativi al dettaglio dei pagamenti mensili effettuati a favore dei singoli dipendenti della Lottomatica». Il presunto imbroglio sarebbe stato scoperto nell'ambito di un controllo interno alla società. Quando la 64enne, nel 2015, aveva deciso di lasciare il suo posto come dipendente rassegnando le dimissioni, Lottomatica aveva deciso di cambiare il programma dedicato al pagamento delle buste paga da Inaz paghe a ADP paghe. Così i sostituti della Vannini, durante un controllo di routine, si sarebbero accorti di alcune anomalie. In concreto sarebbe venuto fuori un andamento anomalo della posta contabile che riguardava i prestiti al personale in base al quale «si evidenziava una movimentazione eccessiva nei primi mesi del 2015, si legge nella querela presentata dalla persona offesa caratterizzata da tre uscite mensili (in un'unica soluzione) di importi piuttosto considerevoli di 95mila (gennaio 2015), 115mila (febbraio 2015) e 125mila (marzo 2015)». Da lì sarebbero poi partite ulteriori verifiche fino a dubitare della responsabilità dell'imputata. La difesa, rappresentata dall'avvocato Laura Lopatriello, ha commentato: «Ci tengo a precisare che la scelta del patteggiamento non consiste in un'ammissione di colpa ha dichiarato Lopatriello non c'è assolutamente prova di quanto contestato alla mia assistita, perché con questo rito non viene svolta attività istruttoria. La decisione di patteggiare è frutto di valutazioni fatte dall'imputata».

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