Gigi Proietti: «È stato buono a non voler infierire, ma come disse Wojtyla: damose da fa'»

Gigi Proietti: «È stato buono a non voler infierire, ma come disse Wojtyla: damose da fa'»
di Simone Canettieri
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Mercoledì 27 Marzo 2019, 08:45
«Se ci si metteva pure il Papa, visto com'è ridotta questa città, era davvero la fine... E allora ha fatto bene a non infierire. Insomma, è stato buono. E poi parliamoci chiaro: se non è buono lui, chi lo è? Di sicuro la Capitale aveva proprio bisogno di una benedizione...».
Maestro Gigi Proietti, come giudica dunque il discorso pronunciato dal Pontefice in Campidoglio? Francesco ha puntato «sulla rinascita morale della città», ma avrebbe potuto interpretare meglio il malessere della diocesi di Roma no?
«Non so cosa pensare. Forse in questa fase è meglio non buttarsi troppo giù. Ma i primi a essere severi con noi stessi dobbiamo essere noi romani. Io non faccio parte della sponda politica in cui milita Virginia Raggi, ma la situazione di Roma è molto complicata e questo ormai è un giudizio comune, diffuso e apolitico».
E quindi?
«E quindi niente. Mi viene in mente appunto quello che disse un altro Papa».
Cioè?
«Quel dàmose da fa! pronunciato nel 2004 da Giovanni Paolo II. Vede, i pontefici in questa città, si giuntano, nel senso si uniscono, l'uno all'altro. E quell'esortazione è più che mai attuale».
Francesco nel recente passato ha usato parole ben più dure per denunciare il degrado fisico e morale della Capitale, ma questa volta no. E, come dicevamo, il fatto in sé ha un po' stupito tutti.
«In generale al di là del suo discorso, mi auguro tanto che questa storica visita del pontefice in Campidoglio serva a smuovere le cose, a riaccendere la luce di una città ormai spenta. E da romano non posso che ringraziarlo. Ora non voglio dire che ci troviamo in questa situazione per colpa della sindaca Raggi. Roma ha problemi che si porta dietro ormai da anni».
Ma c'è una speranza? E qual è?
«Io sto aspettando una scossa da parte di questa giunta, ormai mancano quasi due anni alla fine dell'esperienza grillina. E dunque mi auguro sempre che alla fine accada un risveglio improvviso. Però, capiamoci bene, qui parliamo di problemi che si trascinano da anni. Anzi, mi viene in mente una chicca».
Quale?
«Più di quarant'anni fa, a teatro, facevo un pezzo di Aldo Fabrizi che si intitolava Buongiorno monnezza. E quella era un'altra Roma. Ora le difficoltà sono aumentate, la popolazione è triplicata. E poi c'è un problema di immagine internazionale: io non credo che esista un'altra Capitale così poco amata dallo Stato come Roma».
Servirebbe un miracolo.
«Capisco l'atteggiamento di Papa Francesco: non ha voluto mettere il coltello nella piaga della città. Ecco perché il motto di tutti deve essere: dàmose da fa!. Io nel mio piccolo ho aperto tre cinema, ce l'ho messa tutta, e ancora non mi arrendo».
Il Papa nel suo discorso ha invocato i poteri speciali per Roma, ma forse non è arrivato il momento che il Vaticano paghi l'Imu al Comune?
«Se il Vaticano ci desse una mano con le risorse non sarebbe male: una bella moltiplicazione dei pani e dei pesci che serve tantissimo, viste le sfide che l'amministrazione deve affrontare di continuo e su mille fronti».
Gigi Proietti e i Papi.
«Un giorno mi trovai davanti a Giovanni Paolo II, già sofferente per la malattia. E di botto non seppi cosa dirgli. E non so come mi uscì un Santità, preghi per il nostro teatro. Lui iniziò a guardarmi, anzi a squadrarmi, stava male. Poi gli spiegarono che ero un attore, anche lui da giovane lo era stato. E comunque ci ripenso. Non bisogna lamentarsi, ma agire. Niente mugugni».
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