Controllato a vista nel reparto di isolamento Covid. Claudio Campiti, il killer del consorzio, dal giorno della mattanza è stato incarcerato a Regina Coeli: accusato di omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi oltre al porto d'armi abusivo. L'ex assicuratore di 57 anni, in regime di sorveglianza, è dunque sorvegliato a vista notte e giorno. L'uomo che la scorsa domenica a Fidene, durante l'assemblea dei consorziati per discutere il bilancio preventivo 2023, ha scaricato un caricatore di una Glock 45 uccidendo quattro donne e ferendo altre due persone, oggi trascorre le ore camminando nella cella nel più assoluto silenzio. Quando è sveglio, tace. Davanti ai magistrati - mercoledì 14 dicembre - ha però ammesso il rancore verso il consorzio Valleverde, che gestisce una serie di villette nella zona del lago di Turano, in provincia di Rieti. E su cui ha scaricato anni di tensioni e rancori. Un'ora dopo l'altra lascia passare il tempo camminando e dormendo: non un cenno, non un segno di cedimento. Resta una domanda: da quando precisamente l'uomo ha iniziato a covare la sua rabbia? L'acquisto del rudere in cui viveva risale al 7 gennaio 2010, l'immobile - di fatto solo uno scheletro - l'aveva comprato all'asta ma fin da subito iniziarono i problemi, perché Campiti acquistò anche i debiti delle opere primarie di urbanizzazione mai avviate dal precedente proprietario.
IL CONTROLLO
Quello fu l'inizio ma l'odio divenne tale otto anni più tardi.
PRIMA DELLA STRAGE
Che il piano l'avesse studiato ed anche a fondo si deduce pure dalle immagini che la foto-trappola tenuta in casa ha catturato prima che l'uomo uscisse domenica mattina per andare al poligono e poi a Fidene. Meno di due ore prima della strage: si vede Campiti con uno dei tre zaini già in spalla, il giubbotto addosso e il cappello calzato, mentre poggia una mano sul letto rifatto. Nella seconda foto si gira verso il centro della stanza per vedere, forse, se tutto fosse a posto. Alla sua sinistra il televisore è spento, la scatola di cartone con la marca di un noto detersivo per il bucato è chiusa. Sulla piccola cucina a gas non c'è più la caffettiera che i militari gli troveranno poi in uno zaino. Nell'ultimo scatto si vede di schiena, mentre sempre con lo zaino in spalla apre la porta finestra per uscire. Con sé ha tutto: denaro, notebook, vestiti, indirizzo dove trovare i consorziati. Gli manca la pistola, ma sarà davvero questione di trenta minuti.